Per la metà  delle famiglie il reddito disponibile è «insoddisfacente»

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Per esempio. I decenni passano ma abbiano sempre governanti che, per nascondere molte loro difficoltà , lavorano sulla «paura» della gente, instillando timori più che rassicurazioni. Eppure queste paure indotte (criminalità , «diversi» di vario ordine e grado, a partire da migranti e rom) stanno molto indietro rispetto ai «problemi» che occupano la normale vita quotidiana. E quindi traffico (41,2%), parcheggi (38), inquinamento (36,8), acqua potabile (30), rumore (32,6), strade sporche (291) e trasporti pubblici (26,6) sopravanzano nettamente le preoccupazioni per il generico «crimine» (26,6%). Ma in nessun programma politico troviamo un convinto pacchetto di proposte per affrontare «strutturalmente» quelli in testa alla lista. Per acqua e mezzi pubblici, per dirne due, siamo invece sul lato esattamente opposto, tra tagli di spesa e privatizzazioni (fatte o per ora solo promesse).
Paradossalmente, c’è molta più «diffidenza sociale diffusa» (il 76,8% ammette che «bisogna stare molto attenti» nel confronti del prossimo), ma senza poter capire se questo dato dipenda da timori più o meno indotti oppure dalla quotidiana passione tutta italica per la «furbata» a scapito degli altri.
Sul piano generale – tenendo nel dovuto conto il fatto che l’indagine è stata svolta nel marzo di quest’anno, quando ancora non si parlava di «riforme imposte dai mercati» o di «monitoraggio sui conti pubblici da parte di Bce, Ue e Fmi – la metà  delle famiglie giudica la propria situazione economica «sostanzialmente invariata» rispetto all’anno precedente. Mentre l’altra metà  (il 43,7%) la giudica invece sostanzialmente peggiorata. In effetti, è il 49,5% a considerarsi per nulla soddisfatto del proprio reddito disponibile. Percentuali di «insoddisfatti» che salgono ovviamente tra disoccupati e precari, tra i giovani e i pensionati (che sentono la caduta del potere d’acquisto più della popolazione ancora attiva).
Queste percentuali, spiega l’Istat, sono sostanzialmente invariate rispetto agli anni precedenti. Naturalmente, questo non fa problema per la quota dei «soddisfatti», mentre bisognerebbe vedere se il «peggioramento» è cumulativo – anno dopo anno per gli stessi gruppi di persone – oppure se è variabile. Ma in un campione di 19.000 famiglie, forse, questo è un dettaglio non facilmente indagabile.
Le associazioni dei consumatori, al solito, considerano «gravemente sottostimati i dati emersi dalla rilevazione», invitando invece a considerare «gli innumerevoli segnali negativi provenienti da ogni settore»; a partire dai «consumi, che stanno conoscendo una forte contrazione persino nel settore alimentare», a causa della «disoccupazione, soprattutto per quanto riguarda i giovani».
In sintesi, solo il 52% degli intervistati si dichiara complessivamente «soddisfatto» della propria vita. Ma a tirar su questa percentuale concorrono fattori certo importantissimi per la vita di ognuno, ma sempre di difficile quantificazione come «lo stato delle relazioni familiari» (spesso oggetto di risposte «diplomatiche»), di quelle amicali o del «tempo libero».


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