Pd: con Monti senza scadenze Di Pietro: via i gerarchi e dico sì

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ROMA – La parola d’ordine delle opposizioni è tutta in una battuta: «Ri-montiamo». Se la dicono i deputati dal Pd a Fli, dopo l’ok a Montecitorio alla legge di stabilità , che è il gong per le dimissioni di Berlusconi. Fuor di battuta, a Mario Monti (che ha incontrato il segretario Pd Bersani e il vice, Letta; poi il leader centrista Casini; quindi ha sentito al telefono Fini) le opposizioni hanno detto: può contare su di noi. Ma mentre Casini e il Terzo Polo gli danno carta bianca, i Democratici pongono alcuni paletti. Non sul tempo di durata del governo d’emergenza. Non è pensabile che un governo nasca con la data di scadenza. Enrico Letta dice: «Confermeremo la nostra fiducia a Monti per un governo di fine legislatura per fare riforme importanti». Significa? Che dovrebbe avere strada libera fino al 2013. Altro che «l’incarico a tempo», di cui parla Berlusconi. E i Democratici prendono su questa questione anche le distanze da Di Pietro.
Il leader di Idv ora apre a Monti: «Lo aspettiamo con fiducia». Però avverte sulla durata: «Speriamo non si attorni dei gerarchi di un tempo, e si torni al più presto alle urne per dare al paese un governo politico». Nella giornata che le opposizioni chiamano «della Liberazione», di «fine del regime», mentre in modo unitario tifano per Monti, su due punti il via libera si ingarbuglia: sulla durata appunto, e sulla squadra. Pd e Idv sono d’accordo su un governo di tecnici. Stop alla richiesta di Berlusconi di fare Gianni Letta vice premier. Bersani lo ha ribadito al senatore Monti: «Se deve essere di tecnici, allora vale per tutti». Di Pietro invece attacca pesantemente: «Non credo che in un governo di ricostruzione possa entrare il Richelieu di un governo piduista come quello di Berlusconi, è come se ci fosse chi ha fatto il palo mentre il complice svuotava la cassaforte». Casini smorza ogni polemica: la nascita del governo di transizione è “alto fragile”, e bisogna stare in queste ore particolarmente cauti. Inoltre spiega al Tg2 che «l’emergenza è l’economia; tutti gli altri problemi, a partire dalle riforme istituzionali e naturalmente dalle legge elettorale, vengono dopo». Non è l’opinione del Pd, e soprattutto dei referendari.
Roberto Rao, deputato centrista, scrive un tweet, criticando l’intervento in aula di Dario Franceschini: «Dario è stato un tantino sopra le righe». Dobbiamo fare un armistizio o no, per salvare l’Italia? Il capogruppo democratico nell’aula di Montecitorio usa parole durissime contro l’ex premier e il berlusconismo: «Siamo chiamati a ricostruire sulle macerie finanziarie e morali. Il Pd sarà  dentro la fase di transizione». Nell’euforia della giornata Veltroni e D’Alema mostrano una straordinaria sintonia. «Certo che il Pd preferirebbe un governo tecnico, ma si affida Monti», commenta Veltroni che, già  nell’agosto scorso, proponeva un governo “modello Ciampi” con l’ex commissario Ue alla guida. E D’Alema in Transatlantico, alla fine del voto sulla legge di stabilità , loquace con i cronisti, afferma: «Questo è un governo del presidente, è un esecutivo di emergenza, non di unità  nazionale perché non è frutto di un accordo tra i partiti». Sulla durata. «Un governo a tempo? È senza senso – ritiene il presidente del Copasir – I governi stanno fino a quando hanno la fiducia del Parlamento». Fioroni è ottimista: «Si comincia con una palla di neve ed ecco diventa una slavina». Rosy Bindi, la presidente dei Democratici, si mescola in mezzo alla folla: «Sapevamo che la risposta della folla ci sarebbe stata, è almeno un anno che c’è».
Quindi, i festeggiamenti, quell’atmosfera di prendersi «cinque minuti di pausa» (lo ha detto Bersani nell’assemblea del gruppo del Pd alla Camera), prima di assumersi la responsabilità  di fare ripartire l’Italia. Il segretario democratico lo ripete come un mantra: «Noi siamo generosi, e ora c’è bisogno di esserlo. La politica non abdica: o si sta a messa o si va a casa… «. Oggi ci sono le consultazioni al Quirinale: Idv al mattino; le altre opposizioni nel pomeriggio.


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