Patrimoniale sopra il milione di euro e addio alle pensioni di anzianità 

by Sergio Segio | 5 Novembre 2011 8:15

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ROMA – Il cerchio si stringe intorno alle misure d’emergenza per rafforzare la manovra. Dopo il «doppio controllo» da parte di Fmi-Ue e le parole di Napolitano che giudicano «generici» i provvedimenti allestiti dal governo, i tecnici sono stati nuovamente allertati su due provvedimenti: l’abolizione graduale delle pensioni di anzianità  e l’introduzione di una imposta patrimoniale permanente. Nonostante i veti della Lega sulle pensioni e le perplessità  dello stesso presidente del Consiglio sull’imposta per i più ricchi, la direzione dei lavori, dopo il G20 di Cannes, sembra viaggiare verso le uniche misure di carattere strutturale – al netto del clima politico – in grado di riportare l’Italia su un piano di credibilità .
Per le pensioni si lavora alla estinzione dell’anzianità  con l’obiettivo di portarla gradualmente a 65 anni più 35 anni di contributi, cioè «quota 100» nel 2015 e si punta all’introduzione del contributivo pro-rata per tutti. Mentre per la patrimoniale sembra farsi largo una ipotesi, basata sulla proposta Confindustria, volta a recuperare 6 miliardi con una imposta permanente dell’1,5 per mille sopra 1-1,5 milioni.
In questo quadro il cammino delle misure si scontra con un vero e proprio rischio di «infarto contabile» per l’Italia. Il primo ostacolo da superare è l’approvazione del Rendiconto generale dello Stato del 2010: dopo la bocciatura alla Camera, è stato riproposto con modifiche formali e approvato al Senato e martedì prossimo affronterà  nuovamente l’esame della Camera. Anche se il Rendiconto dovesse essere approvato, c’è un secondo documento contabile, l’assestamento di bilancio del 2011, che dopo la bocciatura del Rendiconto è rimasto «congelato» a Montecitorio e che dovrà  essere votato in rapida successione. Una sua approvazione è fondamentale perché si possa votare la legge di Stabilità  il cui iter è già  cominciato in Senato e alla quale sono appese le sorti del maximendamento-sviluppo di cui Berlusconi ha garantito l’approvazione entro il 15 novembre.
Ma anche la sorte di molte delle misure del maximendamento è a rischio in queste ore: in base alla legge 196 del 2009 che ha riformato la contabilità  dello Stato, la «Finanziaria» non può contenere norme ordinamentali (ovvero provvedimenti come le riforme degli ordini, le liberalizzazioni che occupano buona parte del testo) per cui è possibile che il provvedimento venga falcidiato dalle inammissibilità .
Si tratterebbe di un secondo incidente, come quello avvenuto con l’annuncio dell’elevazione dell’età  di vecchiaia a 67 anni nel 2026 (norma invece già  contenuta nella legislazione vigente), che viene attribuito all’Aventino delle strutture tecniche del Tesoro di Giulio Tremonti e all’operato del trio Romani-Brunetta-Calderoli che, con i propri collaboratori, hanno guidato le ultime mosse della politica economica del governo.
Ad alimentare le preoccupazioni anche l’imminente uscita di scena del direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, in partenza per la Goldman Sachs (la notizia è stata pubblicata dal sito “First on line” e non è stata smentita), dopo la delusione per l’operazione Bankitalia. Al suo posto potrebbe andare Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei, la Banca europea per gli investimenti.

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