Papandreou lancia il referendum, ma il governo potrebbe cadere prima

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 ATENE. L’annuncio azzardato e opportunista del primo ministro George Papandreou (al gruppo parlamentare del Pasok) di sottomettere a un referendum le decisioni dell’Unione europea per la Grecia, ha fatto traballare il suo governo, le cancellerie europee e i mercati di tutto il mondo. Chi credeva che Papandreou scherzasse l’estate scorsa, quando considerava «interessanti» le proposte degli Indignati per la democrazia diretta e il referendum, ha avuto una brutta sorpresa. «Come è possibile chiedere al tacchino se vuole essere sacrificato?», si chiedeva il Financial Times, definendo scontato il rifiuto della stragrande maggioranza dei greci alla politica dei tagli della troika. Mentre il ministro della sanità  e grande fan delle misure, Andreas Loberdos, ieri sera continuava a dirsi certo che il referendum non si farà  mai e che dovremo aspettare nuovi avvenimenti.

Papandreou vola oggi a Cannes, dove domani si svolgerà  il vertice del G20. Nei corridoi del summit, questa volta potrebbe non sentirsi tanto isolato. Gran parte dei paesi emergenti del G20, Argentina, Brasile, Sud Africa, Australia e Corea del Sud, e dei paesi industrializzati, Stati Uniti, Giappone e Canada, hanno chiesto ripetutamente al l’Unione Europea di puntare su politiche di sviluppo e di occupazione, invece che sui tagli. Cina e Russia seguono con preoccupazione la politica suicida dell’Europa.
La mossa di Papandreou ha cambiato per il momento i tempi di una soluzione della crisi della politica in Europa. La Grecia pagherà  cara la decisione del referendum? Fallimento o no, le condizioni punitive che ha imposto la cancellierea Angela Merkel sono già  inaccettabili per il paese. La rabbia della gente è esplosa il 28 ottobre, quando è stata interrotta la parata militare a Salonicco per la festa nazionale contro il nazifascismo. Altre sfilate nel paese si sono trasformate in manifestazioni contro il governo. Gli stessi socialisti del Pasok, partito di governo, hanno ammesso che parte delle proteste provenivano dai loro militanti.
In questa sabbia mobile che è oggi la politica greca, il leader dei conservatori di Nuova Democrazia Antonis Samaras ha detto dopo il suo incontro con il presidente della repubblica, il socialista Karolos Papoulias, che «in questi momenti critici, ho la responsabilità  storica di fare ciò che è necessario per la prospettiva europea. E il futuro del nostro paese non sta in un’avventura».
La riunione del gruppo parlamentare della Nuova Democrazia dovrà  decidere oggi se far dimettere i suoi deputati, convocare le elezioni anticipate o aspettare la probabile caduta di Papandreou e l’inizio delle trattative per la formazione di un nuovo governo. Samaras sembra essere oggi il miglior interlocutore di Merkel e Sarkozy, dopo essere stato messo da una parte nel Partito Popolare Europeo.
Ministri e dirigenti del Pasok consideravano ieri sera che il referendum non si farà  mai, scommettendo indirettamente sullo scenario di elezioni anticipate. Vasso Papandreou, leader storica del partito socialista ed ex ministro, ha chiesto la formazione di un «governo di salvezza nazionale», mentre la deputata ed ex ministro Milena Apostolaki, contraria al referendum, ha abbandonato il gruppo parlamentare, che rimane con una esigua maggioranza di due seggi avendo 152 su 300 deputati della unica camera del parlamento greco. Un’altra deputata del pasok ha chiesto la formazione di un governo di unità  nazionale senza Papandreou. Fuori dal parlamento, sei membri del Consiglio Nazionale di Pasok hanno chiesto le dimissioni di Papandreou ed elezioni anticipate, considerando «che la politica del governo soffoca» il paese. L’ora delle elezioni anticipate sembra più vicina di quella deel referendum.
La sinistra, frammentata tra KKE, Syriza e Sinistra Democratica in parlamento e una relativamente grande componente fuori dal parlamento, Antarsya, chiede ripetutamente le elezioni anticipate. I comunisti ortodossi di KKE continuano ad attaccare la coalizione di sinistra Syriza, eliminando di fatto anche qualsiasi prospettiva di lotte comuni nelle piazze e nei luoghi di lavoro contro la politica dei tagli, visto che Syriza e Antarsya lavorano insieme nel movimento e nei sindacati di base.
Il presidente di Syriza e del partito di Synaspismos, Alexis Tripras, aveva incontrato il presidente della repubblica lunedì pomeriggio, denunciando le gravi condizioni sociali e chiedendo una sua iniziativa per favorire le elezioni anticipate. Subito dopo l’incontro, il KKE ha sferrato un nuovo attacco contro Syriza denunciando che «i dirigenti di Synaspismos-Syriza sono nel panico di fronte allla crescita del movimento di classe operaio e popolare e cercano contemporaneamente di coltivare la paura al popolo». Per KKE, Tsipras e Syriza «hanno paura del movimento che ha come obiettivo di abbattere il potere dei monopoli», considerando che Syriza è a favore delle elezioni «per gestire la crisi del capitalismo e non come mezzo che può provocare una frattura profonda al sistema politico borghese».


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