Pagamenti in Ritardo, quando un’Impresa aspetta 793 Giorni
Due anni, due mesi e tre giorni. Difficile spiegare a un fornitore delle Asl calabresi, costretto ad aspettare tutto questo tempo per incassare il dovuto, che pagare in tempi civili la sua fattura comporta un aggravio per i conti pubblici. Almeno, questo pensa lo Stato. Dopo 793 giorni di attesa la sua azienda rischia di non esserci più, strozzata dagli interessi sui debiti contratti per tirare avanti nella vana speranza che la pubblica amministrazione si decida a onorare i propri impegni.
Il problema dei ritardi nei pagamenti era già scoppiato in tutta la sua virulenza due anni fa. Di fronte a situazioni già drammatiche, aggravate dalla crisi finanziaria e da una stretta creditizia senza precedenti, il Tesoro aveva promesso interventi attraverso la Sace e la Cassa depositi e prestiti. Ma gli effetti concreti sono stati insignificanti. Senza considerare, poi, l’ultima beffa lasciata in eredità dal governo di Silvio Berlusconi. Nella versione della legge sulla libertà d’impresa arrivata in Senato erano state infilate un paio di norme micidiali. La prima stabiliva il divieto assoluto per le pubbliche amministrazioni di derogare unilateralmente ai termini di pagamento. La seconda dichiarava la nullità di tutte le clausole di rinuncia agli interessi di mora, che spesso lo Stato e gli enti locali impongono nei contratti con i fornitori per evitare di dover sopportare costi maggiori nel caso di eccessive dilazioni. Ne sanno qualcosa le Asl, i cui ritardi nei pagamenti, secondo una indagine ancora inedita dell’ufficio studi della Confartigianato, toccano livelli inaccettabili. Se in Calabria nel 2010 eravamo arrivati, come detto, a 793 giorni, con un aumento di ben 267 giorni rispetto al 2007, il Molise viaggia a 755 giorni, la Campania a 661, il Lazio a 398, la Puglia a 349. Nemmeno la Regione più virtuosa rispetta il termine dei 30 giorni fissato come tassativo dall’ultima direttiva europea. Le Asl del Friuli Venezia Giulia pagano mediamente in 87 giorni. Unica Regione, insieme al Trentino Alto Adige (96 giorni), dove la Sanità onora i propri debiti in meno di 100 giorni.
La sola possibilità di rapido cambiamento per questo stato di cose era affidata a quelle due pillole avvelenate comparse a sorpresa, con un emendamento, nella legge sulla libertà d’impresa. Ma durante la discussione al Senato si è presentato l’ex sottosegretario Antonio Gentile con un foglietto: una nota del capo dell’ufficio legislativo del ministero dell’Economia nella quale si spiegava che consentire ai fornitori di rivendicare davanti al giudice i propri diritti (perché questo sarebbe stato, in sostanza, il risultato) avrebbe comportato «ulteriori oneri a carico della finanza pubblica privi di debita quantificazione e di idonea copertura finanziaria». E le due piccole norme sono immediatamente saltate. Ora il governo ha un altro anno di tempo per recepire, come meglio crede, la direttiva europea con la quale si stabilisce il limite dei 30 giorni. Quella prescrizione dovrebbe diventare operativa nel marzo 2013, ma il problema è così grave anche a livello europeo che la Commissione di Bruxelles vorrebbe anticiparne l’efficacia di un anno, al marzo 2012.
Va detto che i ritardi nei pagamenti da noi non sono una prerogativa esclusiva della pubblica amministrazione. Anche le imprese private fanno fronte ai propri debiti commerciali in tempi sempre più lunghi, pur senza raggiungere le vette delle Asl calabresi. E nell’ultimo anno, se possibile, i loro tempi di pagamento si sono allungati ancor più di quelli statali.
Sono dati scioccanti quelli contenuti nella rilevazione della Confartigianato. Dal dicembre 2010 all’ottobre del 2011 il tempo medio di pagamento per le imprese artigiane è cresciuto del 47,3%, da 93 a 137 giorni. E nei confronti del maggio 2010 l’aumento è risultato addirittura dell’80,3%. Da gennaio a oggi i tempi di pagamento delle strutture pubbliche, sempre per quanto riguarda le forniture da imprese artigiane, si sono allungati di un mese esatto, da 83 a 113 giorni. Ed è il Mezzogiorno, com’è ovvio, a essere più penalizzato. La media nazionale di 113 giorni diventa al Sud di 141 giorni: il 25% in più. La differenza rispetto al Nord ovest, dove le imprese artigiane vengono pagate mediamente dalla pubblica amministrazione nel giro di 101 giorni, è del 40% circa.
Siccome il tempo è denaro, ecco le conseguenze economiche di questa situazione. Nella sola Lombardia i ritardi ascrivibili a tutti i clienti, pubblici e privati, producono un aggravio di costi a carico degli artigiani di 729 milioni. Parliamo di 3.650 milioni per l’intera Italia, con punte stratosferiche in alcune province. Gli artigiani milanesi, per esempio, ci rimettono 204 milioni, più di Liguria e Sardegna messe insieme. Al secondo posto ci sono i romani, con 130 milioni, che precedono bresciani (122) e bergamaschi (111).
Il Tesoro ha sempre contestato le lamentele di alcune organizzazioni imprenditoriali come la Confindustria, secondo cui l’ammontare dei crediti vantati dalle imprese verso lo Stato si aggira intorno ai 60-70 miliardi. La Banca d’Italia, tuttavia, nella relazione annuale del 2010 le ha implicitamente confermate. Perché se fosse attendibile la stima di via Nazionale, che calcolava a fine 2009 l’ammontare del debito commerciale delle pubbliche amministrazioni nella misura del 4% del Prodotto interno lordo, allora l’arretrato sarebbe pari a 63,3 miliardi di euro. Lo studio della Confartigianato ricorda come gli esperti di Camera e Senato avessero cifrato nel 54% di questo totale i debiti delle aziende sanitarie locali, contro il 20% riferibile ai Comuni e il 17 % ai ministeri. Appena leggermente diversa la valutazione della Corte dei Conti, ottenuta passando al setaccio i bilanci delle Regioni. Per la magistratura contabile «i debiti verso fornitori della Sanità sono pari a 30,7 miliardi». Con tempi di pagamento enormemente superiori, per questo comparto, rispetto agli altri. Se la pubblica amministrazione paga mediamente in 113 giorni, la Sanità impiega più del doppio: 269 giorni. Considerando però il solo Mezzogiorno, si arriva grazie a situazioni pari a quella calabrese, a una media di 425 giorni. Un anno e due mesi, cioè, più del doppio dei ritardi riscontrabili per la Sanità al Centro-nord (193 giorni).
Lo studio della Confartigianato dice pure che la lentezza dei pagamenti è parzialmente responsabile della durata eccessiva dei lavori pubblici. Un sondaggio della Banca d’Italia rivela che il 53,7% delle imprese di costruzione addebitano a questi ritardi la colpa delle lungaggini e dei maggiori costi.
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