by Sergio Segio | 18 Novembre 2011 8:18
ROMA – Tra gli obiettivi degli studenti da piazza ci sono sempre i bancomat degli istituti di credito, riempiti ieri dagli adesivi “Save school not banks”. Sempre le sedi della Bce e di Bankitalia, sgraziate da pitture a spray espressioniste: pubblici finanzieri che freddano cittadini inermi. Con l’insediamento del governo Monti, però, si tirano uova e fumogeni su due nuovi obiettivi: l’università privata ed elitaria della Bocconi e quella privata e confessionale della Cattolica. Hanno formato, a Milano, buona parte dei diciotto professori al governo, ora gli studenti le sanzionano. Ministro Ornaghi e Cattolica, si legge nelle rivendicazioni delle azioni dimostrative, «tenetevi il Medioevo e pagate l’Ici». I collettivi milanesi hanno contestato il ministro dei Beni culturali, tra l’altro, «perché dirige una rivista che si definisce medievalista e nemica della cultura moderna elargita nelle scuole e nelle università pubbliche».
Da tempo il movimento studentesco ha preso l’onda lunga della contestazione al capitalismo ingordo e ai suoi santuari. I pochi cori anti-Gelmini che si sono ascoltati – ieri a Napoli, a Bologna – somigliano un saluto a una persona lontana. Oggi c’è un nuovo avversario, a cui non sono stati concessi neppure due giorni di tregua: il Governo Monti. Nei cori, rappresentazione teatrale del movimento, ma anche nei discorsi che li sottendono si comprende la disillusione studentesca per tre anni di lotte che hanno contribuito a tirar giù dal palazzo il Potere fortissimo di Silvio Berlusconi «per regalare l’Italia alle sentinelle delle banche». Sul comunicato della Rete Link, la più diffusa struttura di studenti in Italia, si legge: «Abbiamo festeggiato quando il governo Berlusconi, responsabile dello scempio scolastico, universitario e sociale, si è dimesso. Abbiamo apprezzato quando Mario Monti ha indicato nei giovani la risorsa con cui l’Italia può uscire dalla crisi. Subito dopo, però, Monti ha indicato nella riforma Gelmini dell’università e nel modello Marchionne per le relazioni industriali due esempi da seguire. Abbiamo capito tutto».
Già , “Noi di Monti non ci fidiamo”, risuonava ieri mattina in settanta piazze d’Italia. Francesco Raparelli, dottorato in Filosofia a Firenze, riferimento della rete Unicommon, traduce: «Siamo consapevoli che la sbornia dell’epilogo del sovrano Berlusconi durerà poco. Con Mario Monti arriveranno privatizzazioni, compressioni del salario, licenziamenti facili. Questi movimenti di piazza, invece, chiedono una riforma radicale della funzione della Bce». Anche verso l’ex rettore Francesco Profumo, oggi ministro dell’Istruzione, si nutre scetticismo: «Chiede il dialogo, ma un dialogo senza risorse non ci interessa». La giovane piazza è consapevole che con il governo Monti la strada si restringe.
Claudio Riccio, motore della Rete Link diviso tra Bari e Roma, dice: «Siamo il quarto paese d’Europa per il livello delle tasse universitarie, oltre non si può andare. È difficile che un governo fatto da baroni universitari, banchieri e manager possa dare risposte concrete ai nostri bisogni». Luca Cafagna, La Sapienza: «Due premier prodotti in pochi giorni dal vivaio Goldman Sachs sono più di un indizio. In Grecia la risposta alla crisi è stato Lucas Papademos, da noi Mario Monti». Leon, studente-lavoratore (precario) alla Statale di Milano, animatore del centro sociale Cantiere, dice: «Monti e il suo governo, che ha una media di 63 anni, devono sapere che i giovani che oggi imbrattano le banche sono i veri studenti italiani, quelli che loro vogliono incontrare sono controfigure». Michele Orezzi, Farmacia a Pavia, leader dell’Udu: «C’è difficoltà a rapportarsi con un rettore importante e potente, ma visto che Profumo ha detto voglio parlare con gli studenti noi abbiamo l’obbligo e l’interesse di incontrarlo». Per ora, la prossima settimana, parte un nuovo ciclo di occupazioni delle scuole.
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