Norollah, 11 anni, sopravvissuto “Ora vorrei solo giocare a pallone”

by Sergio Segio | 28 Novembre 2011 6:50

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CAROVIGNO – Norollah ha 11 anni, ama le scarpe da ginnastica e non aveva mai visto il mare. Dopo cinque giorni di viaggio chiuso nella stiva di una barca a vela come fosse topolino tra topi, la faccia di Norollah – piccola, scavata, ma senza nemmeno una lacrima – è oggi la cosa più bella di questa storia disperata, 65 ragazzi scagliati contro la terra di Occidente. Norollah era a bordo di Gloria, il veliero naufragato sabato sera al largo di Carovigno. Con lui c’era suo fratello più piccolo di un anno, così spaventato da non riuscire nemmeno a dire il nome. Li accompagnava il fratello maggiore che ora è al Cara, il Centro per i richiedenti asilo, insieme con tutti gli altri scampati al naufragio. Forse già  oggi potrà  andare a salutarli.
La famiglia di Norollah viene dall’Afghanistan ed è la prova che alle volte i miracoli esistono, anche nei loro quartieri. È salva, quando invece avrebbe dovuto essere morta. «Abbiamo pregato, ci siamo tenuti per mano, i cattivi (ndr, gli scafisti) dicevano che non saremmo arrivati mai». E invece sono arrivati: Norollah è stato uno dei primi a scendere dalla barca e, per mano, ha accompagnato il fratellino (che non si stacca un secondo da lui) e tutti gli altri, come in fila a scuola, fino agli scogli. «Ora comincia il divertimento» ripete: sbarcati, temevano di essere respinti e invece per un po’ vivranno in Italia. Norollah e suo fratello sono ora in una casa famiglia di Mesagne e qui – impone la legge – dovranno rimanere fino alla maggiore età . Sono più di sette anni, nei quali dovranno andare a scuola, avranno documenti e potranno camminare senza nascondersi. Avranno in sostanza il diritto a essere bambini e adolescenti. «Posso andare a giocare?» ha detto non per caso Norollah appena finito l’interrogatorio, indicando con gli occhi quel campetto da calcio all’interno del Cara.
Nel Cara ieri sera c’erano 41 dei 65 ragazzi a bordo del veliero naufragato. I morti confermati sono tre (in mattinata è stato pescato il terzo cadavere). Arrivano principalmente dall’Afghanistan, ma ci sono anche iraniani, cingalesi e curdi, scappati questi ultimi tra le campagne pugliesi dove leggenda vuole che i contadini stiano aiutando a nasconderli. I ragazzi nel Cara stanno invece bene, come ha potuto verificare l’assessore regionale all’Immigrazione, Nicola Fratoianni, esponente di Sinistra e libertà , che ieri sera è andato a visitarli. I ragazzi avevano avuto indumenti, cibo, sigarette e schede telefoniche.
I 24 minori – seguiti dagli operatori bravissimi di Save the Children – sono stati invece già  tutti indirizzati verso le comunità . I racconti dei superstiti raccolti dalle forze dell’ordine sono molto simili. «Siamo partiti cinque giorni fa dalla Turchia – dicono – Abbiamo pagato 3.300 dollari a testa». Qualcuno ha parlato di un braccialetto messo al polso dei profughi, ma la circostanza non trova riscontri tra gli investigatori. «Noi eravamo tutti giù nella stiva – ha raccontato uno degli afgani – era proibito salire su dove invece avevano libero accesso i curdi, che sono riusciti a scappare per primi. Non c’erano bagni, facevamo tutto lì, davanti a tutti. Quando provavamo a muoverci venivamo minacciati con dei coltelli. Gli scafisti erano tre. Nessuno di noi voleva rimanere in Italia, ci avevano detto che ci avrebbero aiutato a raggiungere l’Europa del Nord. Poi si sono alzate le onde, quel vento, eravamo quasi arrivati, ci siamo buttati in mare e ora sono qui». La Procura di Brindisi sta cercando di individuare gli scafisti: uno potrebbe essere tra le vittime, mentre c’è qualcosa in più di una pista per arrivare all’identificazione degli altri due.

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