No dei lumbard a Monti: “È la Banda Bassotti”

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MILANO – Torna la «Banda Bassotti». Il copyright è di Roberto Calderoli, il quasi ex ministro leghista che si lancia in un’intemerata contro il governo che verrà . Governo «di evidente connotazione ribaltonistica, politico e non tecnico, che cancellerebbe in un colpo il bipolarismo, la politica e la democrazia». Banda Bassotti, ladri del suffragio universale, espressione dei «poteri della finanza, gli stessi che hanno rovinato le famiglie, le imprese, i conti pubblici». La filippica si conclude una promessa diventata da un paio di giorni il mantra del Carroccio: «Opposizione durissima». Lo dice anche Roberto Maroni, attento tuttavia a precisare che l’imminente ritorno all’opposizione non impedirà  al Carroccio di approvare i provvedimenti imposti dall’Unione europea e dalla Bce: «Rispetteremo le scelte del presidente della Repubblica, in Parlamento voteremo la legge di Stabilità , ma non la fiducia al nuovo governo».
Contro l’ipotesi Monti la Lega fa muro, incurante degli inviti di una parte del Pdl. Nelle ultime ore si sono mossi il segretario Alfano, i ministri Frattini e Fitto: contatti riservati con i vertici del Carroccio, per indurli a garantire almeno l’appoggio esterno. Niente da fare, Umberto Bossi è irremovibile: «Meglio stare fuori, così puoi controllare volta per volte le cose, su alcune possiamo essere d’accordo, su altre no; ammettiamo che tocchino le pensioni, non possiamo dare la fiducia a priori». E Berlusconi che ha deciso di appoggiare Monti? «Parla per sé». La base accoglie con un senso di liberazione la promessa di una nuova stagione politica, il “ritorno alle origini”, l’opposizione dura. E nel mirino, oltre al «tecnocrate» Monti, esponente dei «poteri forti» e del «vecchio che torna», per la prima volta entra Giorgio Napolitano, com’è successo ieri durante il microfono aperto di Radio Padania. «Quel presidente lì – è stata l’invettiva di un’ascoltatrice – alla sua età  dovrebbe andare invece di star lì a far danni». Ce n’è anche per Berlusconi: «Ha tirato giù le braghe, mentre la Lega è rimasta l’unica a invocare le elezioni, dovevamo staccare la spina prima».
Il nuovo corso potrebbe avere ripercussioni anche sulle alleanze locali. Lo dice Davide Boni, presidente del consiglio regionale lombardo: «Se nasce un governo allargato senza di noi, si rompe l’asse con il Pdl». In ogni caso, aggiunge, «se Formigoni farà  il ministro la Lega vuole la presidenza della Regione». Un vecchio sogno: unire la Lombardia al Veneto e al Piemonte, trasformare il Nord in una specie di Baviera a guida leghista e concentrare qui tutti gli sforzi, «tanto a Roma non si combina niente», pensa a voce alta un deputato. Angelo Alessandri, che del Carroccio è presidente federale, è abbastanza esplicito: «In questi anni l’alleanza ha retto sul rapporto Lega-Berlusconi, non su quello tra Lega e Pdl», e ora che il Cavaliere sta uscendo di scena, questa alleanza «non è più scontata». Bossi è meno tranchant, le divergenze sono sull’oggi, ma quando gli chiedono se alle prossime elezioni i due partiti saranno ancora insieme, risponde così: «Il voto ora è lontano, vedremo»


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