by Sergio Segio | 27 Novembre 2011 8:30
ROMA — I sottosegretari? Si faranno presto, al massimo martedì con un apposito Consiglio dei ministri. Ma ieri Mario Monti ha lasciato quella pratica nel suo ufficio da senatore a vita di Palazzo Giustiniani, dove nei giorni scorsi ha trattato, anche nottetempo, con i leader dei partiti che sostengono la sua maggioranza. Ha preso con sé invece il ben più pesante dossier delle misure anti-crisi e si è diretto al ministero che guida ad interim, quello dell’Economia, per un sabato di lavoro su cifre e tabelle. Che si è trasformato in un vero e proprio vertice con la partecipazione dei ministri dello Sviluppo economico, Corrado Passera, del Welfare, Elsa Fornero, dei Rapporti con il Parlamento, Pietro Giarda, e degli Affari Europei, Enzo Moavero Milanesi. Oltre al direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli. Parola d’ordine: «accelerare», ma «fare attenzione», perché la strada per uscire dal tunnel è molto stretta.
Il Financial Times ha parlato di «nebbia» che avvolge ancora le misure italiane per arginare la crisi. Lui cercherà di diradarla offrendo, già dalle prossime ore, qualche indicazione sulle cose che intende fare. Tanto che, alla fine della giornata, prima di partire per Milano, dove passerà questa domenica, emerge il contorno di un primo pacchetto di provvedimenti. Per il presidente del Consiglio risponde ai tre requisiti che ha indicato all’inizio del suo mandato: «stabilità (e quindi rigore), crescita ed equità ». E con gli altri ministri ha fissato anche una data, lunedì 5 dicembre, per il Consiglio dei ministri che dovrà varare le sue prime misure economiche. C’è quindi solo una settimana per mettere a punto il pacchetto, ma i tempi sono ancora più stretti, se si pensa che da martedì pomeriggio a mercoledì Monti dovrà passare anche l’esame dell’Eurogruppo e dell’Ecofin.
Un sabato per niente facile per il premier, che ha dovuto fare la sintesi tra le diverse proposte dei ministri e amalgamarle con le proprie. È questo il primo vero banco di prova per il suo governo e Monti la sente come una priorità , anche perché è in primo luogo la crisi economica la «ragione sociale» per la quale è stato chiamato dal presidente Napolitano a Palazzo Chigi. E per la quale ha incassato la fiducia della stragrande maggioranza del Parlamento. È su questo dossier che si vuole concentrare, tanto che ha già concordato un iter parlamentare accelerato con i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani. Sa bene, come ha detto fin dai primi giorni del suo incarico, che tutto dipenderà dal sostegno che quelle stesse misure avranno in Parlamento ed è anche per questo che accanto all’accelerazione ha cercato di porre la massima «attenzione» ai provvedimenti che dovrà presentare.
Ma sa altrettanto bene che, pur dovendo coinvolgere tutti i partiti della sua maggioranza (e non è facile dato che si va dalla destra del Pdl alla sinistra del Pd passando per il Terzo polo), non dovrà restarne prigioniero. Ecco perché nell’estenuante braccio di ferro su viceministri e sottosegretari, che rischiava di dare un’immagine da Prima Repubblica alle trattative in corso, non riuscendo a quadrare le (poche) candidature di politici che pure aveva offerto, alla fine ha preferito adottare lo stesso metodo utilizzato per i ministri: tutti tecnici, punto e basta. In altre parole, la lista è quasi fatta, basta qualche ritocco, non indifferente come quello che riguarda il ruolo di Vittorio Grilli, ma i politici resteranno fuori. Le difficoltà stanno semmai nelle deleghe che non sono state ancora tutte definite, per colpa anche dell’accorpamento dei ministeri voluto dallo stesso Monti. Se ne parlerà fino a domani e potrebbero anche esserci sorprese dell’ultimo minuto. Ma nella sua prima pausa domenicale, in una Milano che non vedeva da oltre due settimane (da prima di essere nominato senatore a vita), guarderà soprattutto all’Europa e alle misure economiche che lo attendono.
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