by Sergio Segio | 28 Novembre 2011 7:00
MILANO – La «rottura insanabile» si è consumata nel giro di settantadue ore, anche se parte da lontano, dai tempi delle primarie di un anno fa. Tra il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, l’artefice della vittoria del centrosinistra nel capoluogo del berlusconismo, e il suo assessore alla Cultura, l’architetto Stefano Boeri, il divorzio potrebbe essere firmato oggi: «Non c’è più il necessario rapporto di fiducia, che si è andato progressivamente dissolvendo, e da parte tua non c’è mai stato gioco di squadra con il resto delle giunta», avrebbe ribadito ieri Pisapia a Boeri, in un incontro nelle stanze di Palazzo Marino. Mettendogli sul piatto una scelta che sembra obbligata: dimissioni entro oggi, presentate o subite.
È stato un fine settimana di tensione crescente, quello vissuto nella giunta arancione, con una mediazione solo tentata – ma sembra non riuscita – da parte del Pd locale, su richiesta diretta del segretario Bersani. Un crescendo partito venerdì, quando il sindaco ha usato parole durissime e irrituali in un comunicato stampa con oggetto, appunto, l’ultima sortita dell’archistar iscritto al Pd. «Le sue dichiarazioni sul futuro Museo di arte contemporanea rappresentano valutazioni personali mai discusse in giunta e non condivisibili nel merito», scriveva il sindaco. Furibondo perché Boeri, poche ore prima, aveva messo in serio forse la realizzazione di un museo che, invece, è espressamente compreso nel programma elettorale con cui Pisapia è stato eletto. Ma non solo: «Quanto al ruolo di Milano nella preparazione di Expo, la giunta non ha mai evidenziato alcun problema, ragion per cui le affermazioni di Boeri sono da considerarsi evidentemente originate da problematiche personali e non politiche». E qui si arriva ad uno dei nodi cruciali del rapporto tra Pisapia e Boeri. O meglio: tra Boeri e la giunta, che più volte ha manifestato insofferenza per le sue prese di posizione in solitaria sui temi più vari. Ancora negli ultimi giorni, da più parti, è arrivata la lapidaria sentenza: «Boeri non ha mai digerito la sconfitta alle primarie».
Su Expo la tensione è stata alta sin da giugno, perché inizialmente Pisapia aveva affidato all’architetto – uno degli autori del masterplan dell’Esposizione del 2015 – solo la cura degli eventi, e non delle questioni sostanziali (terreni, fondi). Delega ottenuta solo dopo alcuni mesi di lotte neanche tanto sotterranee, ma senza che l’attitudine di Boeri alla dichiarazioni non concordata svanisse: soprattutto, i suoi attacchi si sono concentrati sul presunto eccessivo feeling tra il sindaco e il governatore Roberto Formigoni, con accuse non velate di appiattimento delle scelte sugli appetiti edificatori di quest’ultimo. E ieri Boeri avrebbe provato a superare l’impasse proprio restituendo al sindaco quella delega ad Expo tanto agognata: niente da fare, «se manca la fiducia, manca su tutto». Le cronache del rapporto a corrente alternata si alimentano di episodi minori: Boeri che in pieno agosto e senza parlarne prima con il sindaco afferma di voler portare in Comune il “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo perché «non valorizzato» al Museo del ‘900 o, sempre lui, che entra a piedi uniti nelle difficili trattative in consiglio comunale per far approvare la vendita delle quote della Sea, proponendo un’altra strada.
In questi mesi, in realtà , l’architetto ha deciso di seguire stabilmente una sua linea d’azione, generando più di un malumore: decisioni spesso comunicate su Facebook ancor prima dei passaggi formali in Comune, dibattiti sul futuro della città (vedi cosa fare dell’opera di Cattelan, il cosiddetto “dito medio” in piazza Affari) fatti convocando i cittadini attraverso i social network. Ieri Bersani avrebbe chiesto ai suoi uomini in Lombardia di tentare la trattativa, rimandando qualsiasi decisione per una settimana, in attesa – forse – di una diversa collocazione per Boeri a Roma. Difficile che lo stallo duri tanto: l’assessore avrebbe chiesto tempo fino a stamani solo per comunicare la sua decisione. Su Facebook sono comparsi appelli all’unità , come quello dei consiglieri Pd Civati e Monguzzi: «Pisapia e Boeri difendano il sogno di centinaia di migliaia di elettori milanesi che ci hanno chiesto di cambiare, c’è bisogno di tutti e due». Attacca il leghista Salvini: «Boeri licenziato perché scomodo? Pisapia allora ha fallito, si dimetta anche lui».
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