Marchionne, la Fiom e il governo: a Torino è in gioco la democrazia

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È decisiva per gli 86 mila dipendenti Fiat a cui Marchionne ha deciso di cancellare, con un colpo d’ascia, il contratto nazionale, il diritto a eleggersi democraticamente i propri rappresentanti e a votare gli accordi sottoscritti da qualche sindacato a loro nome senza delega alcuna. Marchionne ha anche deciso di escludere la Fiom che è il sindacato più rappresentativo dai suoi stabilimenti e dal 1° gennaio la Fiat non tratterrà  più ai agli iscritti al sindacato guidato da Landini i soldi della tessera: è l’estremo tentativo di cancellare, con la Fiom, ciò che resta – poco – della democrazia nei posti di lavoro. Il colpo d’ascia consiste nell’estensione del contratto imposto a Pomigliano sotto la minaccia di chiusura della fabbrica a tutti gli stabilimenti italiani.
In molti un anno e mezzo fa, al riferendum-truffa di Pomigliano, avevano giurato che quello sarebbe rimasto un caso unico, irripetibile, per convincere gli operai a piegarsi al ricatto. Adesso è chiaro anche agli illusi e ai furbacchioni che aveva ragione la Fiom nel sostenere che Pomigliano sarebbe stato solo il primo passo verso la cancellazione del contratto nazionale. Speriamo che oggi nessuno provia raccontare che la Fiat è solo un’azienda tra le tante, e non farà  scuola. Non solo la Fiat ha sempre fatto scuola, con il governo Berlusconi è riuscita anche a far legge: l’articolo 8 della manovra d’agosto è stato scritto dal ministro Sacconi sotto dettatura.
Il governo Monti ha una bella gatta da pelare. Quello che già  ha pelato, con senso di responsabilità  a Termini Imerese, a confronto non è che un topolino. Non può non riguardare l’esecutivo lo strazio di democrazia e buon senso provocato dall’azione irresponsabile di Marchionne, tanto più per un esecutivo che dice di fondare il suo impegno su risanamento, sviluppo e equità  chiedendo in cambio coesione. Quale coesione è possibile con chi decreta la tua cancellazione, con un salto indietro all’Ottocento?
Oggi a Torino si incontrano la Fiat e i sindacati. Può essere l’inizio di una trattativa, o l’ennesimo esercizio di arroganza padronale. Se Marchionne insisterà  nella pretesa di cancellare i contratti nazionali e imporre a tutti il «mostro» Pomigliano, non potrà  certo contare sulla complicità  della Fiom, e ieri la Cgil ha usato parole nette, da prendere sul serio: non possumus, quel modello è inaccettabile. Il ministro torinese Fornero conosce bene la Fiat, forse la conosce ancor meglio il ministro Passera a cui Marchionne deve molta riconoscenza. Non è pensabile che siano così presi dall’obiettivo di spostare ancor più in alto l’asticella delle pensioni da non rendersi conto che una precipitazione della questione sociale produrrebbe, insieme a tanti traumi, anche l’abbassamento dell’età  pensionabile attraverso i prepensionamenti e le mobilità . Meglio investire prima sul lavoro che mettere toppe quando sarebbe troppo tardi.


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