Ma i fedelissimi del premier già trattano e propongono il nome di Letta al Terzo Polo
IL TENTATIVO di un governo affidato a Gianni Letta è ufficialmente in campo. In queste ore uomini di punta del Pdl hanno contattato gli esponenti del Terzo polo per saggiarne la disponibilità ad appoggiare un nuovo esecutivo affidato al braccio destro del Cavaliere. Ma a sorpresa la risposta, a dimostrazione di quanto ormai si sentano forti gli oppositori del Cavaliere, è stata negativa. Troppo debole sul piano internazionale la figura del sottosegretario Letta.
Molto meglio affidare le sorti del paese a un uomo conosciuto in Europa e nel mondo come Mario Monti. Inoltre nel terzo polo Letta, nonostante la stima per la persona sia alta, è considerato la longa manus del premier, «starebbe sempre a prendere ordini da palazzo Grazioli». Niente da fare.
Berlusconi in ogni caso non si arrende. E si fa scudo del Carroccio, sapendo del veto assoluto di Bossi a un altro governo. «Se Bossi è d’accordo sono pronto a trattare», ha detto ai fedelissimi. Che non l’hanno presa come un’apertura. Nel cerchio stretto del premier, sebbene il premier voglia ancora «combattere la battaglia», la situazione parlamentare viene valutata infatti con estremo realismo. Ancora ieri – dopo la drammatica notte di venerdì a palazzo Grazioli – Alfano e Verdini, Letta e Bonaiuti, al Cavaliere l’hanno ripetuto in ogni modo, immergendolo in un bagno di realismo: «Rischiamo troppo, non ci sono i numeri per andare avanti». Il problema non è legato tanto a martedì, quando la Camera approverà il rendiconto dello Stato perché così ha chiesto Napolitano e perché i “ribelli” Pdl così hanno già deciso di fare. Il vero problema si aprirà un minuto dopo. Ed è una voragine. «Abbiamo fatto i calcoli – spiega un uomo del premier – e dopo l’uscita di Ida d’Ippolito e Alessio Bonciani abbiamo perso la maggioranza in commissione Bilancio». Non c’è più niente da fare, la legge di Stabilità , quella che conterrà le misure chieste dall’Europa, quando tornerà dal Senato a Montecitorio (entro la fine di novembre) sarà appesa alla volontà delle opposizioni. Dovrà per forza passare prima in commissione Bilancio e non potrà arrivare in aula senza l’assenso del Pd o del terzo polo, che avranno un deputato in più. È finita.
Certo, Berlusconi ancora resiste e resiste. Martedì mattina vedrà i ribelli del Pdl, «uno a uno, guardandoli negli occhi» e proverà a convincerli. «Così ha fatto Obama quando aveva una fronda di democratici che non volevano approvare la sua riforma sanitaria: li ha convocati uno per uno alla Casa Bianca». Gli dirà , come ha già iniziato a fare con alcuni (Paolo Guzzanti tra questi), che «non c’è nessun altro governo possibile» oltre al suo, che «le riforme sono state frenate dalla Lega e Tremonti», ma che «adesso si faranno», che «Casini sta bluffando», li sta «ingannando», e li vuole solo portare al voto. Ma se non li convincerà , dalla prossima settimana dovrà arrendersi e alzare bandiera bianca. Per questo il segretario del Pdl Angelino Alfano, con la nota diramata ieri, ha già iniziato a sminare i ponti, aprendo a «una riflessione da fare nei prossimi giorni sulla condotta politica da scegliere per favorire il più vasto concorso possibile di forze politiche e sociali, allo scopo di dare una risposta positiva alle gravi questioni che stanno sul tappeto in Europa e in Italia». Un linguaggio un po’ involuto per dire che con il terzo polo, volenti o nolenti, bisognerà aprire una trattativa. Senza escludere nulla.
Come gesto di buona volontà Berlusconi potrebbe intanto da subito annunciare che non ricorrerà alla fiducia per approvare la legge di Stabilità . Il capo del governo chiederà quindi alle opposizioni di sostenere il pacchetto di misure anti-crisi e già questa mattina, in un intervento alla convention di Azione popolare di Silvano Moffa, dovrebbe lanciare il suo appello. Ma il passaggio più hard che gli suggeriscono i suoi uomini, alla luce dei numeri di Montecitorio, è quello di compiere un gesto alla Zapatero. Dichiarando alla Camera, in un discorso ufficiale, che una volta messi in sicurezza i conti dello Stato con il sì alla legge di Stabilità , si recherà al Colle per rassegnare le dimissioni. In questo modo, arrivato ormai a dicembre, dovrebbe aver scongiurato ogni ipotesi di governo tecnico. Berlusconi infatti vede nero ogni volta che qualcuno gli nomina Mario Monti. Potrebbe al limite, se costretto, pensare di lasciare il suo posto a Gianni Letta, «ma Monti mai». In queste ore, visto il no del terzo polo a Letta, si valutano nel Pdl altre candidature. E ritorna il nome di Giuliano Amato.
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