by Sergio Segio | 3 Novembre 2011 15:52
MILANO. Senza la Rai si può stare da dio. Lo sa bene Michele Santoro che questa sera alle 21 comparirà su una inedita piattaforma multimediale per dare uno schiaffo al Servizio Pubblico – si chiama così, come uno sberleffo, la sua nuova avventura giornalistica che è soprattutto televisione, cioé una brutta bestia difficile da addomesticare contro cui nessuno può dirsi vaccinato. L’ormai ex conduttore di Anno Zero, dopo essere stato buttato fuori dalla Rai berlusconizzata, ha saputo mettere in piedi uno straordinario network di sostegno che farà notizia per il solo fatto di esistere e ogni settimana sottrarrà milioni di telespettatori al servizio pubblico agonizzante, quello vero.
L’aveva promesso, l’ha fatto. La trasmissione verrà vista in tutta Italia rimbalzando su una rete di televisioni territoriali, in buona sostanza Michele Santoro sfrutterà lo stesso agile trampolino che trent’anni fa lanciò sua Emittenza nelle case e nelle testoline degli italiani. In più, nel XXI secolo c’è anche il web. Oltre al sito stesso del programma (serviziopubblico.it), infatti, le puntate si potranno vedere anche sui siti di Corriere, Repubblica e il Fatto, mentre giocherellando con la diretta streaming su Facebook gli spettatori saranno chiamati anche a votare on-line interagendo direttamente con gli ospiti in studio (la diretta radiofonica invece se l’è assicurata Radio Capital).
Insomma ce n’è di che per parlare di esperimento unico nel suo genere, destinato forse a rivoluzionare il concetto stesso di programma televisivo, anche se la scaletta della prima puntata, o meglio l’«esclusiva», in fondo restituisce una sensazione di déjà vu poco elettrizzante – ma in questi casi conta lo share per cui probabilmente ha sempre ragione Santoro. Il piatto forte della prima puntata sarebbe un’intervista a Chiara Danese, la 19enne che si è costituita parte civile al processo sulle «notti di Arcore» che vede imputati Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti. Si parlerà naturalmente anche di default e di (improbabili) vie d’uscita con governi tecnici o elezioni anticipate, il tutto per una puntata-evento intitolata «Azzerare la casta» (curioso allora che l’analisi politica venga affidata a Paolo Mieli, oggi direttore Rcs Libri). Più in linea con il tema gli inteventi «a sorpresa» di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, i due giornalisti del Corriere che con il tormentone sui mancati tagli ai privilegi della casta da anni mettono gli italiani di fronte al fatto compiuto, generando un senso di intollerabile ingiustizia che non trova sfogo se non nella frustrazione impotente di chi sa le cose, perchè è informato, ma non sa come uscirne. Morale: Michele Santoro, o l’informazione libera, è pericolosa per tutti, non solo per Berlusconi.
Al di là della questione politica, c’è poi chi sottolinea l’aspetto solo apparentemente tecnico della faccenda, come Sandro Parenzo, il patron di TeleLombardia, la società di produzione del programma. «Un’emittente televisiva in media per ogni regione, più quelle che potenzialmente potranno mettersi in gioco strada facendo – spiega – lanciano una vera e propria sfida: dimostrare che stringendosi insieme in una sorta di network possono dare vita ad una copertura nazionale e reggere la portata di un programma come questo. Potrebbe rappresentare una vera e propria innovazione in grado di rivoluzionare le modalità di fare comunicazione televisiva».
L’unione fa la forza, sembra la scoperta dell’acqua calda e invece potrebbe essere una lezione per tutti coloro che vogliono vivere di informazione. E parlare di post-televisione oggi significa cominciare ad immaginare il superamento del duopolio Rai-Mediaset.
Se l’esperimento funzionerà , contrariamente a quanto desidera l’Idv che ha scritto una lettera per chiedere alla Rai di richiamare il suo uomo di punta, forse Santoro avrà meno voglia di tornare il quel servizio pubblico pagato dai cittadini, forse anche per avere un’informazione più decente.
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