Lula, la voce del Brasile, che il cancro ha costretto a tacere. Per ora

by Sergio Segio | 27 Novembre 2011 8:24

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Le università  dei cinque continenti l’onorano con la laurea honoris causa. Imprenditori dentro e fuori dal Brasile vogliono conoscere il suo punto di vista sulla congiuntura. Organismi internazionali si interessano al modo con cui il suo governo ha combattuto la fame e ridotto le disuguaglianze sociali in Brasile.
La vita è imprevedibile. Fragile come una foglia secca. E il futuro appartiene a Dio. Ben presto Lula si trova colpito da un cancro alla laringe. Sembra che la natura abbia deciso di colpirlo nel suo tallone di Achille. Così com’è successo al pianista Joà£o Carlos Martins, che ha avuto le dita delle mani colpite da una serie di problemi di salute, che l’hanno obbligato a lasciare la musica.
Il cancro sembra perseguitare i capi di stato: Lugo, Chà¡vez, José Alencar… Lula è fatto della stessa materia-prima di Alencar. Tutti e due dotati da un imbattibile ottimismo davanti alla vita, sostenuti da una forte fede cristiana, Lula si sa predestinato – non nel senso messianico che il termine può suggerire, ma sì come il risultato di una convergenza di fattori che l’hanno portato alla vita pubblica e, grazie alla sensibilità  sociale portata sin dalla culla, si impegna nel diminuire le disuguaglianze sociali e nel promuovere un’ampia politica di inclusione dei settori più poveri.
Tutto il potere di comunicazione di Lula è centralizzato nella voce. Lui è nato con il dono dell’oratoria. Ricordo l’inizio della nostra amicizia, nelle grandi assemblee metallurgiche dell’ABC, la cintura industriale di San Paolo, nello stadio di Vila Euclides, a inizi anni ’80. Lula prima di uscire di casa annotava in un pezzo di carta i temi che dovevano essere trattati nel suo discorso di conclusione della concentrazione operaia. Era sempre l’ultimo a parlare. Il suo discorso segnava il momento culminante dell’assemblea. Presi i posti sul palco, si dava inizio agli interventi: segretari del sindacato dei metallurgici, dirigenti operai, avvocati del lavoro, politici… Man mano che gli interventi si succedevano i punti elencati da Lula venivano trattati dagli oratori che lo precedevano. Io mi sentivo in ansia per lui, preoccupato se, all’ultimo momento, già  sul palco avrebbe potuto avere idea di altri argomenti ancora non trattati da nessuno.
Terminata la lista degli oratori, la conclusione della manifestazione toccava a lui. Tutti prestavano silenziosa attenzione, come se ognuna delle sue frasi dovesse essere assorbita da quella moltitudine. Allora Lula sorprendeva non per togliere dal cilindro della retorica, come un mago, temi nuovi inediti. I temi erano gli stessi. La novità  stava nel modo con cui l’abbordava. Non parlava con la testa, bensì con il cuore. Non proferiva teorie e nemmeno si perdeva nell’enfasi di frasi demagogiche. Parlava partendo da esperienze fatte nel suo percorso personale, creava parabole, raccontava casi. Esortava, ammoniva, recitava metafore piene di buon umore, ironizzava sulla dittatura, faceva caricatura di ministri e imprenditori, esigeva dagli scioperanti impegno nella mobilitazione, ravvivava i valori etici della massa lavoratrice. Il suo pronunciamento risuonava più morale che politico. La sua voce infiammava l’assemblea.
Adesso la sua voce soffre. Riposa. Richiede cure. Lula, come succede alle aquile quando arrivano ad avere 40 anni di età , si raccoglie sulla montagna per acquistare nuove forze. E in breve, riprendere il volo per una politica nel Brasile e nel mondo, focalizzata sulla fine della miseria e della povertà , dove la sua vita ha avuto inizio.

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IL «PRESIDENTE operaio» si sta sottoponendo a un ciclo di chemioterapia per debellare il male: i medici (e lui) sono ottimisti sul decorso della malattia che sembra perseguitare i capi di stato latinoamericani

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