«Porterò le vittime sulla coscienza» Vincenzi, il giorno del travaglio

by Sergio Segio | 7 Novembre 2011 7:59

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GENOVA — Lasciatemi almeno il dolore. Al suo portavoce che ieri mattina l’ha chiamata dopo averla vista in televisione, Marta Vincenzi ha detto queste poche parole. Poi ha spento il telefonino, lasciando una città  intera a farsi qualche domanda.
Perché nel collegamento con Canale 5, quel che resta di Super Marta, così la chiamavano tutti prima di venerdì, ha pronunciato una frase solo umana che subito ha avuto una lettura politica, nel segno del cinismo. «Porterò sempre le vittime di questo disastro sulla mia coscienza, la responsabilità  ce la prendiamo tutti, e io per prima».
Recita così, il testo integrale divulgato dall’Ansa. E tanto basta a scatenare il delirio sulle dimissioni del sindaco, date per imminenti, certissime, anzi probabili.
In una città  fatta di masi chiusi come questa, tutti sanno che l’avventura di Marta Vincenzi, primo sindaco donna dopo 38 uomini, volge al termine. La voce sul suo addio anticipato è stata come un telegrafo senza fili, è arrivata fino a Roma, ha obbligato alti esponenti del Pd a cercare di dissuadere l’ex preside da una decisione che avrebbe per lei un effetto liberatorio, ma che non aveva preso. È stato un riflesso condizionato, figlio della personalità  di Marta Vincenzi, che le valse quel soprannome da fumetto. Era una donna che decideva sempre da sola, e poi, eventualmente avvisava il partito. Ha sempre fatto di testa sua, agendo anche d’impulso, come dimostra la scellerata girandola verbale di questi giorni, peggio la toppa del buco.
Era, e il verbo coniugato all’imperfetto non è un refuso. Quella Marta, orgogliosa ex comunista nata nel quartiere popolare di Oregina, la preside diventata presidente della Provincia che firmava le ordinanze «professoressa Vincenzi», non c’è più. È crollata, e lasciamo perdere gli arditi e feroci paragoni molto in voga nei salotti genovesi sull’argine sbriciolato del rio Fereggiano. «Mi avete fraintesa — è stata costretta a dire in serata per sopire le voci —, perché io sto vivendo queste morti come un fatto personale».
Pesano, quei volti di donne e bambini sorridenti che campeggiano su ogni giornale. Tolgono anche lucidità , e ieri Marta Vincenzi ha contribuito ancora alla sua rovina precisando l’imprecisabile, cercando di uscire dal vicolo cieco della scellerata decisione di tenere aperte le scuole nel giorno dell’alluvione annunciata. «La nostra intenzione era quella di trattenere i bambini negli istituti — ha detto — e se qualcuno nei miei uffici ha sbagliato, pagherà ». Peccato che ci siano documenti, pubblicati per breve tempo sul sito del Comune, che forniscono questo consiglio alla cittadinanza, ma fuori tempo massimo. Alle 15, quando la tragedia si era compiuta e quasi tutte le scuole senza il tempo pieno erano ormai vuote.
La solidarietà  ricevuta dal Pd è un puro gesto di autoconservazione che non ha nulla a che vedere con lei. Le dimissioni immediate avrebbero effetti devastanti, le elezioni sono tra sei mesi appena. Forse non ci saranno neppure, le primarie invocate a gran voce da un pezzo del partito locale lesto a far scendere in campo la deputata Roberta Pinotti. A Marta Vincenzi è stato concesso di terminare il suo mandato, ma nonostante le smentite che verranno, l’orientamento è quello di non ripresentare la sua candidatura. «Questa situazione avrà  delle conseguenze» ha detto il segretario provinciale Victor Rasetto. Quasi un epitaffio. Pietà  per i vinti, anche per quelli che hanno commesso errori imperdonabili.

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