«OBBEDIENZA CIVILE» IN TUTTO IL PAESE

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Così non è stato, e le diverse decine di migliaia di donne e uomini che, da ogni parte d’Italia, sono giunte a Roma, hanno colorato le strade di allegria e determinazione, di creatività  e consapevolezza. Il movimento per l’acqua c’è e indietro non si torna. Ma la piazza del 26 novembre ha anche dimostrato l’autonomia del movimento per l’acqua. Un movimento che, avendo chiari i propri obiettivi e un comune linguaggio della trasformazione sociale, mantiene alta la propria capacità  di mobilitazione, non cedendo all’illusione che l’uscita dalla crisi possa avvenire attraverso i cambiamenti del quadro politico-istituzionale, bensì con la forte consapevolezza che solo una società  in movimento potrà  determinare un altro futuro per tutte e tutti.
È questo che temono i poteri forti che, dopo aver annunciato per anni «privato è bello», oggi, dopo lo straordinario risultato referendario, sono costretti a dire «privato è obbligatorio»: devono imporre, perché non possono più convincere. Ma il re è nudo e tutti se ne sono accorti. E con la manifestazione il popolo dell’acqua ha lanciato la sua prossima campagna. Sarà  “obbedienza civile” in tutti i territori per ottenere direttamente ciò che con il referendum abbiamo deciso: la fine dei profitti sull’acqua, il pagamento delle tariffe così come determinato dal voto del popolo italiano.
Una nuova stagione di partecipazione diretta e diffusa che metterà  in campo le stesse energie che hanno prodotto la stagione referendaria e che proporranno a tutte le donne e gli uomini del Paese di prendere direttamente in mano il proprio destino, riappropriandosi dell’acqua e di tutto ciò che a tutte e tutti appartiene. Contemporaneamente, partirà  una mobilitazione diffusa per chiedere ad ogni ente locale di procedere alla ripubblicizzazione del servizio idrico e alla sua gestione partecipativa. La città  di Napoli ha dimostrato come tutto ciò sia possibile, ora saranno gli amministratori di ogni Comune a dover scegliere da che parte stare, se tornare ad essere i garanti dei beni comuni delle popolazioni o continuare ad essere gli alfieri delle banche e dei capitali finanziari. Perché a chi ogni giorno continua a ricordarci le “esigenze” dei mercati, noi da anni e in ogni territorio continuiamo a ripetere «Si scrive acqua, si legge democrazia». Ne facciano adeguato oggetto di studio, i professori al governo.
* Attac Italia


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