by Sergio Segio | 6 Novembre 2011 8:25
Potrà non piacere ma dovremo imparare a convivere con eventi meteorologici come quelli che in questi giorni hanno messo in ginocchio la Liguria. Come fanno i giapponesi con i terremoti, che sanno esattamente cosa fare e non si fanno prendere dal panico. O come fanno, negli Stati uniti, le popolazioni a rischio uragano. La stessa cosa dovrà avvenire anche in Italia dove gli esperti spiegano che ormai le alluvioni non si possono più considerare come eventi eccezionali di fronte ai quali trovarsi impreparati. «E’ così. Le piogge di questi giorni sono eccezionali per le portate, ma non lo sono più in termini di frequenza. Basti pensare che negli ultimi mesi le abbiamo viste verificarsi tre o quattro volte almeno. Ricordiamo soltanto Roma, la Lunigiana, la Spezia e infine Genova. E’ l’effetto locale dei mutamenti climatici» spiega Giorgio Zampetti, geologo e coordinatore scientifico di Legambiente.
Se le cose stanno davvero così, sarà bene che qualcuno spieghi a cittadini e istituzioni come comportarsi per evitare tragedie come quella di Genova.
E’ chiaro che occorre riprogrammare sia la prevenzione che la sicurezza dei cittadini per quanto riguarda il rischio idrogeologico. Non è più possibile sentire affermazioni del tipo ‘questi sono eventi straordinari, noi non possiamo fare nulla’. Convivere con questi eventi significa mettere a punto a livello locale piani di emergenza e informazione alla popolazione, che sono il primo strumento per ogni sindaco per garantire la sicurezza dei propri cittadini. Piani che tengano conto di tutti i rischi di quel territorio, sismico, dio alluvioni, di frane, e che spieghino ai cittadini cosa fare e dove andare, quali sono le zone di sicurezza. E non bisogna chiuderli in un cassetto dei comuni, ma farli conoscere alla popolazione anche attraverso esercitazioni per fare in modo che il giorno in cui c’è l’emergenza ci sia un’azione ordinata e tempestiva.
Servirebbe un grosso cambiamento culturale, soprattutto da parte delle persone. A Genova si sono viste automobili continuare a camminare nelle strade allagate.
Non è facile fare questi discorsi oggi, in presenza di vittime, ma il senso della cultura del rischio è proprio questo. Se io non sono abbastanza sensibile per capirlo da solo, deve esserci un piano di emergenza che mi spieghi che in caso di alluvione io non devo scendere in garage a salvare la macchina. Non lo devo fare e basta. Evacuare i seminterrati e gli scantinati, non andare a salvare la macchina o non portare i propri figli a scuola sono comportamenti che possono salvarti la vita. Questo per l’immediato. Però è chiaro che poi dobbiamo far sì che il nostro territorio non sia costantemente messo a rischio da un’eccessiva urbanizzazione, realizzata spesso all’interno delle aree ad alto rischio idrogeologico.
Questo però è un vecchio male che ci portiamo dietro da sempre. Invece quali altri comportamenti possono essere utili per la popolazione?
Sul sito della protezione civile nazionale ci sono delle schede che possono essere molto utili e che spiegano cosa fare in caso di frana o alluvione. Posso ricordare alcuni comportamenti utili. Ad esempio prima di un’alluvione, quindi nella fase di allarme, bisogna mettere in salvo i beni che si trovano in locali allagabili e assicurarsi che tutti siano al corrente dei pericoli che si corrono. Se abiti in un piano alto ospita che vive nei piani sottostanti, metti delle paratie per evitare che l’acqua entri attraverso le porte e rimani a casa. Durante l’alluvione non usare l’ascensore e chiudere il gas, tutti consigli che servono a evitare rischi ulteriori. E soprattutto, ripeto, non cercare di mettere in salvo l’auto o i mezzi agricoli perché c’è il rischio di restare bloccato dai detriti o di essere trascinato dalle correnti. Ma evitare anche di bere acqua di rubinetto per evitare il rischio di contaminazione delle falde. Fuori casa bisogna evitare l’uso dell’automobile e non tentare di raggiungere a tutti i costi la destinazione prevista, ma mettersi in sicurezza subito, non transitare lungo gli argini e non passare nei sottopasaggi che si possono allagare. Insomma se arriva un allerta meteo e la gente non rimane in casa è perché non è consapevole dei rischi che corre, per questo è importante la formazione,
Va rivisto anche il sistema di allarme?
Per quanto concerne questo si stanno mettendo in piedi una serie di sistemi di allertamento che vanno dai pluviometri posizionati in alcuni punti sensibili, all’installazione di strumenti in grado di capire quando un versante sta per franare. Sono tutti sistemi di monitoraggio che collegati tra loro e con una centrale operativa permettono di fare previsioni con qualche anticipo. E’ chiaro, però, che non è facile rispondere a un evento come quello che c’è stato a Genova.
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