Licenziamenti e amnistia, Renzi divide ancora
ROMA – Sapeva che il Wiki-Pd (programma online in 100 punti) gli avrebbe attirato bordate? Lo sapeva. Matteo Renzi lo scrive su Facebook: «Le proposte si possono condividere o meno. Ma parlando di temi concreti almeno si fa politica e non chiacchiericcio». Quindi, agli attacchi risponde con risposte ironiche, e passa oltre. Parla di contenuti. Che spaccano il centrosinistra. Nel Wiki-Pd c’è molto liberismo economico, a cominciare dalla riforma delle pensioni (“Andiamoci più tardi ma andiamoci tutti”), dalla flexsecurity (proposta Ichino su contratti e licenziamenti), all’abolizione del valore legale del titolo di studio, allo stop dei soldi pubblici ai partiti; liberalizzare il trasporto pubblico regionale. A Sergio Cofferati, ex leader Cgil, piace così poco che ritiene inevitabile un divorzio: «Io e Renzi nello stesso partito è una contraddizione, è paradossale. Le opinioni sono lontane ed è inevitabile che prima o poi ci si separi. Renzi vuole farsi un altro partito e sull’economia e sul lavoro ha idee più vicine al centrodestra». Stefano Fassina, il responsabile economia del Pd (che Renzi ha accusato) aveva replicato su facebook: il rottamatore non sa di cosa parla.
Un’altra idea scatena polemiche: al punto 13, eliminare i politici corrotti con una sorta di amnistia condizionata che impegna a non fare più politica. In caso di nuovo reato, la pena si somma a quella del reato oggetto dell’amnistia. Nico Stumpo, bersaniano, chiede: «Ma che vuol dire?». Non convince Di Pietro, il leader Idv: «Tecnicamente è contraddittoria e insufficiente per gli effetti. Dice troppo e troppo poco». C’è molto da dibattere su Wiki-Pd, frutto di un lavoro collettivo, che da ieri mattina ha già avuto centinaia di contatti (www.leopolda2011.it): le unioni di fatto; la patrimoniale; una sola Camera; Rai 1 e Rai 2 finanziati con la pubblicità ; e-book e autonomia dei musei. Pier Luigi Bersani chiede a tutti nel Pd di abbassare i toni. Il segretario punta alla manifestazione di sabato prossimo a Roma, a piazza San Giovanni. Una rivincita popolare, per la quale sono stati organizzati 600 pullman, 14 treni, due traghetti. Anche lui lancia l’appello su Facebook: «In piazza con il Tricolore e la Costituzione, una piazza che è aperta a tutti e che ha come parola d’ordine “cambiare”». Beppe Fioroni, il leader popolare del Pd, sarà in piazza e invita: «Parliamo del Big bang del paese, non di quello del Pd».
Ad agitare il centrosinistra c’è il congresso dei Radicali. Pannella non le manda a dire a Bersani: «Il rapporto che nel ’94 abbiamo avuto con Berlusconi fu politicamente leale, non così oggi con i democrat». Il j’accuse appassionato di Emma Bonino, l’altra leader storica dei radicali, è invece sulla crisi «che è non solo economica ma di degrado delle istituzioni, della democrazia, della legalità e del diritto». Per Bonino «il governo di Berlusconi è morto e nefasto», il premier è però «solo l’ultimo anello di questa democrazia che non funziona, ma ci ha messo pesantemente del suo, ritenendo che i suoi interessi privati venissero prima di quelli del paese. Non ha cultura istituzionale».
Related Articles
Il delitto perfetto
Eccola, la vera «riforma epocale» della giustizia che il presidente del Consiglio ha sempre avuto nel cuore e nella testa. Non è il disegno di legge di revisione costituzionale di Alfano, spacciato tre settimane fa dal guardasigilli al Capo dello Stato e all’opinione pubblica come una «svolta storica». L’epifania di una nuova era, nella quale la destra rinunciava alle leggi tagliate a misura per i bisogni di un solo imputato, per tutelare quelli di tutti i cittadini. E su questa piattaforma proponeva una fase di pacificazione, chiedendo alla magistratura di scendere alle barricate, e all’opposizione di aprirsi al dialogo.
Urne il 17 o il 24 febbraio. Le politiche con Lombardia e Molise
ROMA — Nell’incrocio delle date la più probabile appare il 17 febbraio. Potrebbe essere quello il giorno delle elezioni politiche e insieme delle Regionali in Lombardia e Molise. Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri lascia aperta la possibilità che si voti il 24 febbraio perché «tutto dipende dalla decisione che sarà presa dal capo dello Stato sullo scioglimento delle Camere». Ma proprio dal Colle sarebbe arrivata ieri sera questa indicazione, anche se i tecnici del Viminale hanno già evidenziato le difficoltà provocate dai tempi strettissimi.
Ingroia verso la candidatura Venerdì comizio a Roma