La Tobin tax non decolla, Europa divisa

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ROMA – Salta l’accordo europeo sulla Tobin Tax. La proposta della Commissione Ue di applicare dal 2014 una tassa sulle transazioni finanziarie (0,1% sulle operazioni con titoli; 0,01% su quelle con derivati) per un gettito di 55 miliardi all’anno, si è scontrata all’Ecofin di ieri con il no della Gran Bretagna, che guida il fronte dei Paesi contrari. Si teme una fuga di capitali, se applicata solo in Europa o, peggio, nell’Eurozona. E una ricaduta sui risparmiatori. «Seri dubbi» vengono espressi anche dall’Italia, preoccupata che la tassa sottragga liquidità  al mercato secondario, dove vengono acquistati i titoli di Stato. Mercato determinante, in questi giorni, per misurare la febbre dello spread con i Bund tedeschi e per rifinanziare il debito. Favorevoli, invece, Francia e Germania, con Spagna, Belgio, Slovenia, Finlandia e Grecia.
Europa spaccata, dunque. Da una parte, il cancelliere dello Scacchiere, il britannico George Osborne, che invita ad essere «realisti e sinceri» e «mettere nel cassetto la proposta», visto che «l’unanimità  non c’è». E a discutere di un’altra tassa «che dia una mano alla crescita e all’occupazione», anche perché la Tobin tax «non sarebbero le banche e i banchieri a pagarla, ma i pensionati e i contribuenti». Con lui Irlanda, Svezia, Repubblica Ceca e Bulgaria. Dall’altra parte l’asse franco-alemanno. Il ministro delle Finanze tedesche Schaeuble critica il criterio dell’unanimità  come vincolante e rilancia l’opportunità  della tassa almeno nella zona euro: «Potremmo esserne i precursori», dice. Bollando l’obiezione che «non si può avere una tassa del genere se non a livello globale» come «un argomento per non fare nulla». Una soluzione mondiale per Schaeuble «sarà  raggiunta solo se qualcuno farà  il primo passo». «A un certo punto – conclude – dovremo pur dare fastidio ai mercati finanziari».
Difende la bontà  della tassa per la sua «equità  e i numerosi benefici», anche il commissario Ue alla Fiscalità , il lituano Algirdas Semeta, ricordando che «i cittadini europei e del mondo per primi chiedono che il settore finanziario dia un adeguato contributo all’economia e alla società . Sono giustamente indignati». I dubbi dell’Italia – espressi ieri a Bruxelles dal rappresentante permanente presso la Ue, Ferdinando Nelli Feroci, che sostituiva il ministro Tremonti, volato a Roma per il voto sul Rendiconto – vertono invece su tre punti, in parte condivisi dal fronte del no. Primo: la Tobin tax deve essere globale, perché non è efficace se limitata solo all’Europa, pena una fuga delle attività  colpite verso mercati finanziari più generosi. Secondo: i costi della tassa potrebbero essere scaricati dal sistema finanziario sui consumatori. Terzo: un possibile impatto negativo, per il rallentamento delle transazioni, anche sulla compravendita dei titoli di Stato italiani. Questo, sul mercato secondario (cui non si applica la tassa).
Discussione rimandata al 5 dicembre prossimo quando la Commissione europea sulla Tobin tax vaglierà  proposte alternative.


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