LA SFIDA DEMOCRATICA CON L’INCUBO ISLAMISTI
Non c’è nessun effetto domino, semplicemente perché sono situazioni diverse, storicamente e politicamente. In Marocco non ci sono state rivolte sanguinose che hanno rimescolato tutti i dati strutturali del Paese. Il re Mohamed VI ha avuto l’intelligenza di anticipare il movimento storico e prendere le redini del cambiamento, proponendo delle riforme, e queste riforme si sono tradotte in una nuova Costituzione e in elezioni anticipate. Malgrado le continue proteste organizzate da elementi laici dell’estrema sinistra da una parte ed esponenti dell’estrema destra religiosa dall’altra, i marocchini non vedono il loro avvenire in verde (il colore dell’islam).
Certo, gli islamisti concentrati nel Pjd (Partito per la giustizia e lo sviluppo) hanno un forte radicamento nel Paese e sono sicuramente in grado di far sentire la loro voce. È il partito meglio organizzato fra tutti i movimenti politici. Si definisce «moderato» e accetta di giocare secondo le regole della democrazia; alle elezioni del 2007 è arrivato secondo dietro il partito dell’Istiqlal, formazione conservatrice che condivide alcuni valori con gli islamisti. Un candidato del Pjd promette «un buon punto per il paradiso» a chi voterà per lui. Confonde il piano temporale e quello spirituale, mescola tutto, ma è un genere di confusione che funziona. La carta più importante di questo partito è la sua volontà di stroncare la corruzione, la sua proposta di un risanamento politico e morale del Paese. Apparentemente è su posizioni morbide, ma si sa che non esistono «religiosi moderati». Se questo partito arriverà al potere sarà una catastrofe per l’economia del Marocco, che nel 2011 ha avuto una crescita del 4,7 per cento: niente più turismo, niente più investimenti, questo i marocchini lo sanno. Ecco perché voteranno per questo partito, ma non gli metteranno in mano tutto il potere. C’è da dire che il ministero dell’Interno ha ritagliato i collegi elettorali in modo da impedire che il Pjd riesca ad avere la maggioranza dei seggi. È un’arma legittima. È stato fatto lo stesso in Francia per impedire all’estrema destra del Fronte nazionale di conquistare deputati in Parlamento.
Il Marocco ha sempre avuto relazioni pacifiche con la religione islamica. Le confraternite religiose sono sempre state libere di dibattere, discutere e contestare. I marocchini sono gente a cui piace vivere, che amano la loro religione, ma diffidano di quelli che vogliono immischiarsi nella loro vita. Il problema del Marocco è la corruzione, in particolare nella giustizia. C’è la disoccupazione, c’è l’analfabetismo, ci sono disuguaglianze sociali scandalose (il 15% della popolazione è al di sotto della soglia della povertà ). È su questo che giocano gli islamisti, ma non hanno una bacchetta magica per trovare soluzioni a problemi tanto gravi. Il re ne è consapevole. Lavora per dotare il Paese di infrastrutture fondamentali e per mettere in piedi un sistema politico che vada in direzione della democrazia. Perché la democrazia è una cultura e ha bisogno di tempo e di pedagogia. Se gli islamisti dovessero uscire vincitori da queste elezioni, sarebbe una sconfitta per il Marocco e per la democrazia.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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