by Sergio Segio | 16 Novembre 2011 8:24
Tuttavia, il modello liberale classico elaborato dagli Illuministi ed i principi di funzionamento che da esso discendono, consacrati nella Costituzione degli stati di diritto, non hanno affatto regolato l’apparato punitivo in modo costante e sistematico. Sistematica e costante è stata invece, finora, la distanza tra il reale funzionamento della giustizia criminale e i propri programmi legislativi, tra la stessa produzione legislativa e i principi costituzionali.
Il modello liberale classico è rimasto valido, non senza gravi, prolungate soluzioni di continuità (il fascismo in Europa), nella cultura accademica, nel discorso ‘ufficiale’ del sistema, come l’espressione contrafattica di un dover essere, che non è mai riuscito a determinare in modo significativo la realtà di quel sistema.
La logica dell’emergenza e quella che può essere anche descritta come ‘amministrativizzazione’ o ‘banalizzazione’ del diritto penale, non sono una caratteristica esclusiva dell’attuale fase di sviluppo del sistema punitivo; non lo sono l’uso inflazionistico e simbolico della legislazione penale ed il sacrificio delle garanzie costituzionali a vantaggio di pretese ragioni di efficienza. Si tratta di elementi che, nella loro generalità descrittiva, sono costitutivi e ricorrenti nella storia del diritto penale moderno.
La ‘guerra’ alla criminalità : ecco un ulteriore elemento di realtà su cui bisogna riflettere. Nello stato sociale di diritto il sistema penale non ha solamente la funzione di contenere la violenza delle aggressioni a diritti fondamentali, ma anche quella di contenere le limitazioni degli stessi, provocate dall’esercizio della penalità pubblica. Ma, se nemmeno programmaticamente il legislatore prende in considerazione la seconda funzione, l’esercizio della prima entra in una logica di guerra. Il diritto penale del ‘cittadino’ si trasforma così in diritto penale del ‘nemico’ e la tendenza autoritaria endemica nella funzione punitiva esce allo scoperto. Un segno emblematico di questa trasformazione è l’uso dominante della terminologia bellica per definire i compiti della giustizia penale.
Un ulteriore elemento di riflessione si riferisce alla consistenza sistematica ed alla stabilità rituale della legislazione penalistica. L’ideale della legislazione in questo settore del diritto è quello stesso che ha ispirato i codici moderni: edifici dall’architettura chiara ed armonica, costruiti attraverso una lunga elaborazione scientifica e politica, solennemente inaugurati dall’assemblea legislativa, atti a stabilizzare per un lungo periodo le aspettative reciproche di cittadini ed organi dello Stato, in modo riconoscibile da chiunque.
La codificazione moderna ha segnato anche il passaggio definitivo dal metodo casistico a quello sistematico nella produzione normativa. E invece, ad un attento esame della legislazione penale italiana, ci si può rendere conto di quanto essa si sia allontanata da quel modello ideale e si svolga, al contrario, sulla falsariga delle “leggine” e degli atti amministrativi, preferendo la via degli interventi immediati di risposta alle situazioni contingenti, spesso sull’onda dei flussi dell’opinione pubblica, assecondando in tal guisa i deludenti moduli della postmodernità . Il risultato è una esuberante produzione di nuove disposizioni, spesso a mero contenuto sanzionatorio (appendici penali della legiferazione in altri settori dell’ordinamento) accompagnata da continue modificazioni delle norme esistenti che divengono in tal modo sempre più difettose tecnicamente e di difficile lettura anche per gli addetti al lavoro. Tra le conseguenze più gravi di questo stile legislativo vanno annoverate le frequenti deviazioni delle tecniche di imputazione da canoni ai quali il legislatore è vincolato in virtù dei principi costituzionali – legalità , personalità della responsabilità penale, dignità umana, materialità , offensività , risocializzazione, sussidiarietà e così via – o la commistione tra metodo sistematico e metodo casistico con pregiudizio della certezza del diritto.
I processi sinora illustrati non appaiono, tuttavia, esclusivi della sola realtà italiana. Uno sguardo comparativo rivolto ad altri Paesi d’Europa e d’America sembra avvalorare l’ipotesi che quella degli ultimi due decenni sia piuttosto una mutazione strutturale del sistema punitivo, che interessa l’attuale fase di sviluppo dell’intera società capitalista, una crisi di adattamento ai processi di trasformazione, legati alla globalizzazione, in atto in queste società .
I termini “efficientismo” e “funzionalismo” designano forme di perversione oggi diffuse in Europa e in America, cioè in Paesi le cui costituzioni pur contengono i principi dello stato sociale di diritto e del diritto penale liberale. L’efficientismo penale, dunque, costituisce una forma nuova di diritto penale dell’emergenza, una degenerazione che sempre ha accompagnato la vita del diritto penale moderno.
Viceversa, il diritto penale sussidiario o dell’extrema ratio, è al tempo stesso il diritto penale della Costituzione. Esso rappresenta lo spazio residuale dell’intervento punitivo nel quadro di una politica integrale di protezione dei diritti dell’uomo, nel caso in cui gravi violazioni dei diritti fondamentali e una domanda sociale ineludibile lo rendano necessario. Come diritto penale della Costituzione, il diritto penale sussidiario presuppone uno sforzo continuo dell’immaginazione sociale per il controllo del sistema punitivo e dei meccanismi di criminalizzazione, per la riforma della legislazione, della giustizia, della polizia e del carcere.
Un tale sforzo dovrà essere rivolto senza tentennamenti alla realizzazione dei principi costituzionali in materia penale ed alla applicazione dei risultati delle più avanzate ricerche sul funzionamento dei sistemi penali e sulle politiche pubbliche di effettiva protezione dei diritti dell’uomo.
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