La mossa di Monti: scelte rapide con il consenso delle parti sociali

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ROMA — Contatti informali, nella scrittura delle misure economiche, sono in corso sia con i partiti politici che con le parti sociali. Contatti necessari per arrivare a definire un pacchetto di interventi il più condiviso possibile. Solo dopo la presentazione al Paese e al Parlamento, i contatti diverranno formali e nelle sedi deputate: a Palazzo Chigi con i sindacati, in Parlamento con le forze politiche.
Ieri sera come già  in altre occasioni Mario Monti ha concluso la sua giornata nel suo ufficio di Palazzo Giustiniani, dove ha lasciato parte delle carte che sta studiando e dove trova una concentrazione migliore di quella che gli suggerisce l’arredamento pomposo di Palazzo Chigi.
Il «metodo» non cambia: al grande riserbo sul lavoro in corso si abbina un’attenzione particolare per le forme che l’istituzione del governo prevede, almeno intesa secondo le convinzioni di Monti. Forme che in questo caso sono sostanza: nel delicato equilibrio che sostiene l’esecutivo a Palazzo Chigi si è consapevoli del consenso che si riscuote, in Italia e all’estero, ma questa consapevolezza riguarda anche un’autonomia e un’autorevolezza da non disperdere, con eventuali passi falsi.
Anche di tutto questo ieri c’era traccia nel comunicato rilasciato al termine del terzo Consiglio dei ministri del governo Monti. Vi si smentiva che il premier abbia mai detto alla signora Merkel o al presidente Sarkozy più di quanto non abbia fatto dinanzi a Camera e Senato, nei suoi discorsi di insediamento (a Strasburgo «la discussione ha toccato brevemente la situazione italiana»). Si sottolineava poi l’importanza delle parti sociali, per raggiungere l’adozione di misure che possano essere veramente definite eque. Si insisteva infine sulla necessità  di provvedimenti che siano in grado di invertire il ciclo: «L’Italia ha dimostrato nel suo recente passato di aver compiuto progressi significativi in materia di consolidamento fiscale, mentre l’impegno a rendere tale consolidamento sostenibile sarà  attuato in tempi rapidi attraverso misure di impulso alla crescita».
Misure che arriveranno «prima possibile», in un quadro di «riforme strutturali equo ma incisivo, da perseguire con il consenso delle parti sociali». Parole non da poco, che rimarcano la consapevolezza di una sfida che sino a qualche settimana fa appariva impossibile: avere l’appoggio e il sostegno dei principali sindacati e dei principali partiti, su alcune riforme. Appoggio che si ritiene maggiormente possibile se non condizionato da eventuali trattative, o anche solo «informative», almeno dettagliate.
Anche per questo motivo il presidente del Consiglio continua a nascondere le sue carte. E ne ha discusso ieri sia con il vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn che con il commissario europeo Michel Barnier, che ha aggiunto anche il suo attestato di stima al lungo elenco arrivato in questi giorni dalle capitali del Vecchio continente: «Mario non è importante soltanto per l’Italia, ma per l’Europa intera».
Dopo avere visto il ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio, a Palazzo Chigi, Monti ha ricevuto il ministro dei Rapporti con la Ue, Enzo Moavero, in serata, a Palazzo Giustiniani: il nodo della squadra dei sottosegretari non è ancora sciolto, e forse non lo sarà  ancora per qualche giorno. Come per le misure, l’attenzione è quella di evitare ogni possibile passo falso.


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