by Sergio Segio | 30 Novembre 2011 7:39
PALERMO – Maria Concetta a Corleone provava a mimetizzare il suo ingombrante cognome e alcune strane attività imprenditoriali facendosi eleggere rappresentante d’istituto nella scuola elementare dei figli. Nunzia, invece, stava a Roma con l’anziana madre e dietro l’apparente modesta facciata di un bar nel quartiere africano continuava a gestire il tesoro dei fratelli.
Riina e Graviano, due pedigree pesanti al vertice di Cosa nostra. La figlia del capo dei Capi e la sorella dei boss stragisti. Sono le donne a far parlare di mafia e antimafia nel giorno in cui la Dda di Palermo conclude una nuova importante inchiesta che stronca il nuovo tentativo di ricostituzione della Cupola. Dalla sua casa romana di via Santa Maria Goretti la bella e volitiva Graviano gestiva i segreti del tesoro dei fratelli: racket, affitti, il grande business dei distributori di benzina taroccati, le slot machine fin dentro gli ospedali. Comandava decine di uomini a bacchetta con cipiglio e modi spicci, si faceva persino portare i soldi a casa nottetempo dagli esattori che a Palermo facevano capo al cognato Cesare Lupo. La parola d’ordine della nuova mafia è una sola: ritornare con un volto rispettabile nella società . Così, aveva cercato di fare anche Cesare Lupo, che da detenuto si era laureato in scienze giuridiche, con una beffarda tesi dal titolo “Le estorsioni”. Ma appena uscito dal carcere è tornato al servizio dei Graviano e non è sfuggito alle indagini della sezione criminalità organizzata della squadra mobile. Nei giorni scorsi, i finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria hanno invece ottenuto il sequestro di un patrimonio di 30 milioni di euro riconducibile ai Graviano.
Ma è il quotidiano di un’altra donna dal cognome pesante a scatenare la polemica. È diventata un caso l’elezione di Maria Concetta Riina a rappresentante d’istituto nella scuola elementare Finocchiaro Aprile di Corleone: 36 voti su 270, sesta degli eletti in un consiglio di circolo che adesso dovrà occuparsi anche della convenzione con l’associazione Addiopizzo. Il preside taglia corto: «Sarebbe opportuno spegnere i riflettori. Si è trattato di una regolare elezione». Ma il procuratore aggiunto Antonio Ingroia dice: «Lascia perplessi che un nome come quello dei Riina riscuota ancora consenso a Corleone». Il sindaco Nino Iannazzo commenta: «Candidatura inopportuna».
Mafia e antimafia si rincorrono anche nell’ultima operazione, coordinata dal procuratore Messineo e dagli aggiunti De Francisci e Ingroia. Fra i 36 arrestati, nei clan di Tommaso Natale, Passo di Rigano e Brancaccio, c’è pure un ex presidente del movimento cristiano lavoratori, Calogero Di Stefano. Ma Cosa nostra siciliana non riesce comunque a fare a meno dei vecchi boss: i carabinieri del Nucleo Investigativo hanno filmato un summit fra tutti i rappresentanti delle famiglie palermitane. A fare da padrone di casa in una sala trattenimento fra le più note della città (villa Pensabene) c’era Giulio Caporrimo, di Tommaso Natale, dal 2010 tornato in libertà . Non si vedeva da anni una riunione così in grande stile: il Ros si è imbattuto in una delegazione che fino a poco tempo fa era bandita da Cosa nostra, quella degli “scappati”, i perdenti della guerra di mafia voluta da Riina negli anni Ottanta. Oggi, i mafiosi della vecchia guardia tornano a Palermo da invitati al primo summit della nuova era mafiosa.
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