La difficile scommessa di un ritorno all’antico

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Non solo per uscire dalle difficoltà  interne, superando i contrati fra la base e la leadership e le divisioni nel gruppo dirigente, ma per arrestare il declino elettorale e tentare l’avvio una nuova fase di espansione. Se la fase calante del berlusconismo aveva creato grandi difficoltà  al Carroccio, la fine del governo Pdl-Lega fa emergere una situazione del tutto nuova, che per molto aspetti ricorda quella dl 1996. Quindici anni fa il Carroccio era riuscito, con una campagna elettorale contro «Roma Polo» e conto «Roma Ulivo» a ottenere più di quattro milioni di voti. Il massimo risultato finora raggiunto, anche se seguito da una lunga fase di isolamento politico che aveva fortemente indebolito il partito di Bossi. Oggi la Lega resta l’unica (o la più importante) opposizione in parlamento e può ritornare a posizioni di lotta sul territorio, accentuando la sua diversità  rispetto all’«ammucchiata» dei partiti. Bossi ha dato subito la massima risonanza possibile sul piano simbolico a questa nuova collocazione politica, rifiutando l’incontro con Monti e convocando il «Parlamento padano».
E’ possibile un ritorno all’antico, dopo dieci anni in cui il Carroccio si è notevolmente trasformato, alleandosi con Berlusconi per assumere ruoli importanti di governo a livello nazionale, regionale e locale? La situazione attuale è molto diversa rispetto agli anni Novanta, e gli sviluppi della crisi economica fanno emergere nuovi problemi, ponendo gravi ipoteche su qualunque tipo di progetto politico. La Lega d’altra parte teme fortemente di ricadere in una posizione di isolamento e di marginalità  politica, dopo la conclusione della parabola berlusconiana. Per rafforzare la sua nuova collocazione politica il Carroccio si propone di muoversi su due piani, trasformando in parte le strategie «di lotta e di governo» sinora seguite. Perse la posizioni di governo a Roma, il partito di Bossi cercherà  di massimizzare i suoi ruoli di governo sul territorio. La Lega guida attualmente due regioni, 12 province e 390 comuni e condivide con il Pdl la gestione di molte altre amministrazioni. Per difendere e rafforzare queste posizioni, il Carroccio può rinegoziare le condizioni dell’alleanza con il partito di Berlusconi, che però è attraversato da molte tensioni e rischi di rotture se non si arriverà  presto a nuove elezioni.
Se il Pdl resta ancora il principale referente politico, la Lega prende gradualmente le distanze per prepararsi a uno scenario che può radicalmente cambiare con la crisi degli attuali schieramenti e la disgregazione delle appartenenze politiche. I dirigenti leghisti sanno che nuove strade potranno aprirsi solo se riusciranno ad aumentare il consenso elettorale con una gestione efficace della protesta sul territorio. Nell’ultimo anno è molto cresciuta l’antipolitica e in particolare la sfiducia rispetto ai partiti: è molto difficile che un governo Monti riesca a rovesciare questa tendenza. Le misure del nuovo governo per ridimensionare i debito pubblico susciteranno con molta probabilità  forti opposizioni a livello sociale, che assumeranno forme e contenuti diversi in relazione alle posizioni politiche e sociali, alle generazioni e alle aree territoriali. La Lega può agire in questo contesto recuperando tutti i principali temi che avevano favorito il suo successo venti anni fa, dall’antipolitica alla titolarità  della rappresentanza degli interessi del Nord, senza più essere coinvolta nelle scelte del governo. Con un cambiamento importante: l’appello alla mobilitazione della «comunità  padana» non è più orientata contro «Roma ladrona», ma contro i banchieri, la grande finanza internazionale e le ingerenze dell’Europa nelle vicende italiane.
Il Carroccio può così da una lato recuperare l’euroscetticismo che è stato utilizzato con successo da tutti i partiti populisti europei, dall’altro riproporre molti dei contenuti resi popolari dalle mobilitazioni transnazionali degli «indignati». E’ stata d’altra parte messa la sordina sul ruolo di «diga» contro l’immigrazione assunto dalla Lega negli ultimi anni. Viene annunciata una forte opposizione sia contro la patrimoniale, sia contro altre misure di risanamento del debito che Maroni definisce di «macelleria sociale». Su queste posizione la Lega cercherà  di recuperare il voto degli scontenti nei due schieramenti, se il governo Monti verrà  varato e soprattutto se durerà  fino al 2013 con il sostegno del centrosinistra e del centrodestra.
E’ però difficile ripetere i successi del 1996. Il Carroccio può difficilmente assumere il ruolo di portavoce della protesta del Nord perché rimane ancora connotato dalle scelte condivise per molti anni con il governo Berlusconi. E d’altra parte, per fronteggiare i problemi posti dalla crisi economica non appare più sufficiente il semplice appello per l’autonomia di una comunità  a base territoriale. Nell’ultimo anno sono emersi sempre più spesso le disuguaglianze, le precarietà  e i conflitti ridistributivi anche all’interno delle regioni dell’Italia settentrionale. Il tentativo leghista di raccogliere gli scontenti delle due principali coalizioni deve fronteggiare oggi la concorrenza del Terzo polo e in particolare quella dell’Udc, che può attrarre l’elettorato cattolico deluso da Berlusconi e forse anche dalla Lega.


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