In Grecia è suk di governo
ATENE. Giorgos Papandreou non è un apprendista stregone. Suo padre e suo nonno hanno governato per quasi trent’anni. Da loro ha imparato molto bene l’arte delle acrobazie politiche, dei ricatti e l’uso di una retorica di convenienza. In pochi giorni ha fatto tremare i governi di mezza Europa, ha fatto correre gli speculatori delle borse internazionali, ha annientato il maggior partito di opposizione e ha rimesso nei piedi il suo gruppo parlamentare. Tutto questo solo con lo spaventapasseri del referendum. Ma l’opportunismo di Papandreou non ha niente a che fare con la democrazia diretta. Nei piani del primo ministro l’unica partecipazione dei cittadini greci è quella ai pesanti sacrifici richiesti.
Ieri pomeriggio fuori dal palazzo presidenziale sembrava contento. Non si vedeva nemmeno la stanchezza del giorno prima, quando dopo mezzanotte ha guadagnato il voto di fiducia al suo governo (153 deputati su 300). Papandreou ha visitato ieri Papoulias, il presidente della repubblica ed ex ministro degli Esteri nei governi di suo padre, per dimostrare la sua piena disponibilità a formare un governo di unità nazionale. Con lo spauracchio dell’uscita della Grecia dall’eurozona Papandreou ha indicato come sua priorità il finanziamento del paese con un secondo piano di salvataggio. Ha promesso trattative a breve con gli altri partiti e collaborazione con il maggior partito dell’opposizione. Papoulias ha dato la sua piena disponibilità per le trattative. Una vera messa in scena perché già dalle prime ore di sabato, con il suo discorso al parlamento dopo il voto di fiducia, Papandreou ha bruciato qualsiasi ponte di collaborazione con il leader conservatore Samaras, vecchio amico di tante avventure giovanili. «Le maschere sono cadute – ha detto poi Saramas – Il signor Papandreou ha respinto tutte le nostre proposte. Le responsabilità che si assume sono enormi. L’unica via d’uscita sono le elezioni».
Di che si trattava? Semplicemente, Papandreou e Samaras hanno messo una diversa data sui calendari per le elezioni. Papandreou vuole il voto anticipato a febbraio o marzo, dopo il voto sull’accordo con l’Ue, mentre Samaras vuole andare al voto il prima possibile. Dell’occasione cerca di approfittare il leader della estrema destra Karatzaferis, che spinge per la formazione di un governo di unità nazionale senza guida socialista.
Sarkozy ha garantito da Cannes di non volere imporre governi né alla Grecia né all’Italia. Lui e Angela Merkel preferiscono probabilmente soluzioni alla portoghese, dove i due partiti conservatori di governo decidono i tagli e i socialisti in opposizione si astengono dal voto per amor della doppia patria, quella vera e quella virtuale con sede a Bruxelles.
I greci vedono stipendi e pensioni alleggerirsi ogni giorno di più, i disoccupati crescono a macchia d’olio. Per questo la maggior parte della gente seguiva un poco ammutolita e perplessa i primi tentativi di formazione di un governo pluripartitico.
Pasok e Nuova Democrazia rappresentano vengono dati dai sondaggi al 35%. La frantumata e litigiosa sinistra arriva al 25%. E c’è un’enorme massa di indecisi, che supera il 30-35%, costretta dalla crisi a tagliare i suoi legami tradizionali con le politiche clientelari dei due maggiori partiti. I due maggiori partiti non vedono altra strada che l’applicazione delle politiche suggerite da Berlino, l’Ue e il Fmi. Cambiano le sfumature ma la sostanza è la stessa.
Chi ha fatto scioperi, ha occupato scuole, facoltà , ministeri e comuni, chi ha riempito le piazze ad agosto ha mandato un messaggio molto chiaro tanto a Papandreou e alla classe politica greca quanto a Bruxelles e Berlino: le politiche respinte in Argentina, Brasile e Ecuador faranno la stessa fine anche in Europa. Dal 1 novembre le pensioni sono state decurtate ulteriormente, gli stipendi continuano a scendere e un milione di greci sono disoccupati. Papandeou, seguendo le indicazioni della troika, ha alzato le tasse sul petrolio per le caldaie, equiparando il suo prezzo a quello del diesel. Il prezzo della nafta si è duplicato, mentre le temperature in Grecia cominciano a scendere. I ministeri preparano già le liste di mobilità per 30 mila impiegati, e i tagli arriveranno per altre 100 mila persone.
Papandreou e Samaras aspettano lunedì di vedere le reazioni dei mercati e della Merkel, mentre la pazienza della gente comincia ad esaurirsi.
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