by Sergio Segio | 14 Novembre 2011 7:30
ROMA — Le pre-consultazioni (che informalmente il presidente del Consiglio incaricato ha svolto già da sabato) non hanno permesso di trovare la soluzione a tutte le caselle del futuro governo. Quindi si ricomincia da capo. Riguardo alla squadra, uscendo dall’incontro con il capo dello Stato al Quirinale ieri sera, Monti ha precisato che non ha avuto tempo di leggere i giornali in questi giorni, ma ha bollato le «voci circolate su nomi e tempi del governo» come «di pura fantasia».
Qualche ora prima, anche fonti vicine al presidente della Repubblica avevano messo in guardia da «una confusa e arbitraria ridda di nomi di presunti candidati a cariche di governo». Questo un po’ per l’irritazione creata dal fatto che era stato indicato come possibile ministro della Difesa il consigliere militare (in carica) di Napolitano, Rolando Mosca Moschini («Il Quirinale non partecipa al totoministri», hanno fatto sapere le stesse fonti). Ma anche perché, i nomi che hanno cominciato a circolare hanno creato inevitabilmente reazioni e controreazioni da parte dei partiti, di altri aspiranti, di gruppi di pressione e di interesse.
Allo stato attuale non è neppure così sicuro che sia un governo solo tecnico, o meglio, sembra che i tecnici saranno affiancati da «personalità di rilievo», anche se non politici tout court, personalità insomma in grado di fare da ponte con le rispettive realtà parlamentari. Questo potrebbe voler dire che persone come Giuliano Amato (come ministro degli Esteri) o Gianni Letta (che pure aveva annunciato al capo dello Stato un passo indietro per non creare ostacoli alla formazione del nuovo governo, visto il «niet» del Pd e della stessa Udc) non siano del tutto tagliate fuori? Il leader dell’Udc Casini ieri ha speso parole di elogio per Letta che «è sempre stato un grandissimo signore e un servitore dello Stato», una personalità che «fa solo l’utilità dei governi in cui si siede». Quanto ai tempi il nuovo esecutivo Monti potrà nascere non in poche ore o giorni, ma entro la settimana.
Nonostante le smentite, i nomi di «papabili» ministri continuano comunque a circolare. Naturalmente Economia, Esteri, Interni e Giustizia saranno i nodi più intricati da sciogliere per il peso di questi dicasteri. Guido Tabellini resta in predicato per sostituire Tremonti, ma il premier potrebbe mantenere l’interim. Per la Giustizia, anche il Terzo polo spinge perché venga scelto un ministro che riesca a risolvere il problema della giustizia civile che — è stato calcolato — «costa» al nostro Paese ogni anno l’1 per cento del Pil (questa tra l’altro è una richiesta esplicita della famosa lettera della Ue, e in estate, durante il dibattito sulla prima manovra, se ne è fatto interprete anche il vicepresidente del Csm, Michele Vietti). E allora (essendo entrambi ex presidenti della Consulta ed ex vicepresidenti del Csm) il nome di Piero Alberto Capotosti potrebbe essere più «calzante» di quello di Cesare Mirabelli (canonista). Per l’Interno, si parla sempre di un prefetto (Carlo Mosca oppure una donna, Anna Maria Cancellieri, 77 anni, ex commissario prefettizio a Bologna e appena nominata allo stesso incarico a Parma e già in pensione). Una componente femminile potrebbe essere assicurata anche da Luisa Torchia, allieva di Cassese, alla Pubblica amministrazione. Mentre al Welfare (assorbirebbe la Salute, e quindi «salterebbe» anche l’ipotesi dell’oncologo Umberto Veronesi) potrebbe arrivare il giuslavorista Carlo Dell’Aringa. Per lo Sviluppo in pole Carlo Secchi. E alle Attività produttive Antonio Catricalà . Del rettore della Cattolica Lorenzo Ornaghi si parla per l’Istruzione e di Andrea Riccardi per la Cultura (in alternativa all’ex direttore della Normale e archeologo Salvatore Settis).
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