IL SUMMIT ONU DI DURBAN PARLA DI GENOVA
A questa si contrappone una politica piccola, incapace di rispondere alle esigenze basiche dei cittadini e troppo preoccupata del futuro di banchieri e speculatori. La drammatica crisi ecologica prodotta da questo modello di sviluppo sta avendo impatti enormi sulla vita. Gli sconvolgimenti climatici sono solo una parte di questa crisi ecologica. Una crisi ampiamente annunciata, argomentata, studiata, spiegata. Per questo è inaccettabile piangere oggi quando non si è fatto nulla per anni. La politica ha responsabilità gravissime. Sono decenni che la scienza prima, gli ecologisti poi ed oggi il buon senso di una parte maggioritaria della società denunciano l’insostenibilità ambientale e sociale del modello di sviluppo e delle politiche economiche imposte dalla governance. L’urbanizzazione selvaggia, le cementificazioni illegali, l’uso distruttivo dell’agricoltura, la mancanza di manutenzione, i condoni edilizi, il taglio dei fondi e degli investimenti per la difesa del territorio, sono le scelte fatte dalla politica in questi venti anni. La conseguenza sono questi disastri. Per questo è ingiustificabile evocare la furia della natura tanto più perché le alternative per mitigare gli impatti di un clima alterato da un modello industriale energivoro ci sono già ! Da anni l’Ipcc – International panel on climate change delle Nazioni Unite – ha messo in guarda la politica da scelte che possono tradursi in catastrofi.
Tutti sanno che non possiamo permetterci un ulteriore aumento di due gradi della temperatura media della Terra, la nostra unica casa comune. E tutti sanno che gli sconvolgimenti climatici ci sono già e sono un fatto accertato che sta avendo ed avrà un costo enorme. Eppure negli appuntamenti internazionali sul clima, i governi dei principali inquinatori fanno orecchie da mercanti invece di lavorare ad un ripensamento del modello. Si battono il petto annunciando solennemente che si impegneranno contro quella che è stata da loro stessi definita «la più grave minaccia per l’umanità » e poi non fanno assolutamente nulla. Tutti dobbiamo sapere che stando così le cose la temperatura media della terra in questo secolo salirebbe addirittura di quattro gradi. Sarebbe l’apocalisse. Dobbiamo fermare questo sistema che è figlio di una subcultura che ha messo il profitto al di sopra dei diritti e della democrazia. Abbiamo bisogno di un cambiamento culturale profondo e di un nuovo paradigma di civilizzazione.
A fine mese si terrà a Durban, in Sudafrica, l’ultimo vertice mondiale sui cambiamenti climatici: il COP17. I movimenti, le associazioni, i comitati, la società civile, i sindacati, saranno lì da tutto il mondo con le loro proposte. I governi dei principali inquinatori nel nome della crisi hanno già declassato il vertice, nascondendo tutte le loro responsabilità . La morale della crisi è che i profitti e le rendite di lobby, multinazionali, banchieri, finanzieri e speculatori sono più importanti del bene comune. I diritti dell’umanità retrocedono a variabile dipendente dalle compatibilità economiche. Pazzesco! Il governo italiano rappresenta bene questi interessi ed ha sempre puntato a distruggere qualsiasi impegno in direzione contraria. Quali sono invece le posizioni con cui chi vuole governare l’Italia affronterà gli sconvolgimenti climatici che ormai fanno vittime e si traducono in costi enormi anche da noi? Ad oggi nulla, nonostante le richieste di confronto da parte dei movimenti su una questione che riguarda davvero la vita di tutti. C’è bisogno di proposte che affrontando il nodo della crisi ecologica siano in grado di mettere al centro allo stesso tempo i bisogni del lavoro, della riconversione delle forze produttive e la difesa dei beni comuni. Questo si traduce in riconversione industriale, patto per l’energia bene comune, decentralizzazione energetica, ripubblicizzazione dei servizi basici. A livello internazionale l’Europa, non quella della Bce, ha indicato una strategia post carbon ed un aumento degli impegni nella riduzione di CO2, nel risparmio energetico e nell’utilizzo di fonti rinnovabili. Questo si sposa perfettamente con quanto propongono i movimenti a livello locale e nazionale, disegnando un’altra idea di Europa.
Nella litania stucchevole di chi chiede sacrifici e parla di scelte impopolari ma necessarie, facciamo una domanda: esistono scelte giuste e popolari? Noi siamo convinti di si ed è con quelle che si mette a posto non solo il territorio ma l’intero paese. È con scelte giuste e popolari che si mobilitano i cittadini e si ricostruisce, se non si vuole essere responsabili di fare macerie della democrazia e della nostra casa comune.
* Associazione A Sud – www.asud.net
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