Il Pd: pronti alla mozione di sfiducia

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ROMA — Le opposizioni lavorano a una nuova mozione di sfiducia al governo Berlusconi. La riunione decisiva dei capigruppo Pd, Udc, Fli, Api e Idv dovrebbe svolgersi domani mattina. La mozione verrebbe presentata nella stessa giornata, dopo il voto alla Camera sul Rendiconto generale dello Stato. Il voto sarebbe poi fissato entro la settimana.
Ieri il segretario del Pd Bersani ha spiegato a In mezz’ora (Rai 3): «Daremo l’occasione parlamentare a chi pensa che non si possa andare avanti così». Un’occasione per tutti coloro che in questi giorni hanno manifestato volontà  di distacco dal Pdl. Il capogruppo Pd alla Camera, Franceschini, è stato ancor più esplicito: «O Berlusconi si dimette o i parlamentari che vogliono un governo di emergenza per salvare il Paese voteranno la sfiducia». Anche Italo Bocchino, vicepresidente di Futuro e libertà , afferma che «se Berlusconi sta asserragliato a Palazzo Chigi, sarà  necessario un voto contrario in Parlamento». Più cauti appaiono Udc e Di Pietro. «Prima dobbiamo avere i numeri — dice il leader Idv — e poi presentare la mozione». Per evitare un nuovo 14 dicembre e un nuovo 14 ottobre. Nel Pd, invece, non si ritiene nemmeno decisivo ottenere la sfiducia. Dice Piero Martino, deputato e già  portavoce di Franceschini: «Quale che sarà  il risultato del voto, verrà  confermata la fragilità  del governo, di fronte all’Europa e ai mercati. Un governo con le ore contate». Prima, ci sarà  la probabile decisione delle opposizioni di astenersi sul Rendiconto. Una prova di «responsabilità », e anche un modo per verificare i numeri.
E dopo Berlusconi? L’ipotesi è quella del «governo di transizione», con la partecipazione di tutte le forze parlamentari. Ieri Bersani ha ribadito che tale governo non potrà  essere diretto da fedelissimi di Berlusconi, come Gianni Letta o Schifani: «Non cambierebbe nulla». Ma, fatto più significativo, Casini ha sepolto l’idea di un governo Letta o Schifani con l’attuale maggioranza (Pdl e Lega) allargata alla sola Udc: «È da irresponsabili — ha detto il leader Udc alla convention del Terzo Polo a Roma — pensare di dar vita a un governo per ricostruire il Paese emarginando il Pd», vale a dire «quella parte del mondo politico che più direttamente rappresenta la realtà  operaia e del sindacato». Chi dovrebbe guidare quindi la transizione? Secondo Casini, «servono personalità  indipendenti e serie, riconosciute a livello internazionale». E poi: «Oggi si tratta di fare tutti un passo indietro per far fare un passo avanti all’Italia». Il nome al centro dell’attenzione è sempre quello del professor Mario Monti. Su Monti, Bersani si è espresso così: «Lascio la parola al presidente Napolitano».
Alla convention del Terzo Polo la sorpresa è stato l’intervento di Beppe Pisanu, ex ministro dell’Interno di Berlusconi e tuttora esponente Pdl. La presenza di Pisanu accanto a Casini, Fini e Rutelli è apparsa l’ultima tappa verso l’approdo nella federazione di centro. Al microfono, Pisanu ha ribadito la sua soluzione: «Ormai il governo di unità  nazionale è quasi una scelta obbligata». I discorsi che dopo Pisanu hanno tenuto Fini e Rutelli erano rivolti in particolare all’interno del Pdl. «Se il governo — ha detto il presidente della Camera — dovesse avere anche un solo voto di margine, per il ripensamento all’ultimo minuto di chi sceglie, sempre per nobili motivi, che accadrebbe il giorno dopo?». Fini, che è stato il primo, in questa legislatura, a lasciare Berlusconi, ha rivolto «un appello al presidente del Consiglio e agli uomini di buona volontà , che ci sono, nel Pdl. Ma spiace constatare che Berlusconi resta a Palazzo Chigi con il pallottoliere, alla ricerca di pecorelle da riportare all’ovile». E Rutelli: «Confidiamo di avere con noi decine di parlamentari che riscoprano gusto, coraggio, valore della libertà ».


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