Il marketing ingannevole dell’acqua

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Il suo marchio Pure Life «si rivolge specificamente agli immigranti latinos negli Usa, molti dei quali vengono da paesi dove le infrastrutture idriche pubbliche sono pessime», e gli fanno credere che l’acqua del rubinetto (negli Usa) sia malsana o non sicura. «Negli ultimi 30 anni, grandi aziende dell’acqua in bottiglia come Nestlé, Pepsi e Coke (nota per la Coca cola o la Fanta, ma commercializza anche acqua) hanno costruito negli Stati uniti un mercato valutabile in 15 miliardi di dollari annui semplicemente gettando discredito sui sistemi pubblici di distribuzione dell’acqua.
Anche un articolo pubblicato lo scorso agosto dal magazine Forbes spiega come grandi aziende come Coke, Las Oleadas e Ravinia Partners hanno creato marchi commerciali «latino-specifici», rivolti in particolare ai consumatori ispanici – rivolgendosi ad esempio alle madri. Le loro pubblicità  promettono acqua naturale, pura, fresca, che fa crescere sani i vostri bambini. L’acqua Poland Springs (sussidiaria della Nestlé) porta scritto sulle bottiglie «qualità  pura», e «100 per cento acqua di fonte naturale», con tanto di un bel disegno di un pittoresco picco montano coperto di neve. Quando una giornalista di Ips (International Press Service) ha chiesto alla direttore delle comunicazioni di Nestlé Waters North America se l’azienda pubblicizzi così quell’acqua specificamente per il pubblico ispanico, e questa ha risposto «è vero», l’acqua Pure Life è un marchio significativo per la popolazione ispanica», anche se è distribuita a pubblici diversi in tutta la nazione (in Bottled Water Companies Target Minorities, Poor, Ips, 20 novembre). Non solo: la dirigente aziendale riconosce che quell’acqua viene da pozzi o dagli acquedotto municipali. Perché uno deve comprare acqua imbottigliata che viene dall’acquedotto municipale? Perché «viene sottoposta a intensa purificazione», si affretta a dire la dirigente di Nestlé. L’articolo di Ips cita però una ricerca fatta nel 2008 dal Environmental Working Group («Gruppo di lavoro ambientale», sempre negli Stati uniti), che aveva trovato l’acqua imbottigliata «chimicamente indistinguibile da quella del rubinetto». Chiaro però che con campagne promozionali a suon di immagini di vette alpine, e un prezzo 1.900 volte più alto di quello dell’acqua municipale, il consumatore crede che quel prodotto sia tanto più puro e sano di quello che esce dal suo rubinetto. E una ricerca (citata dallo stesso articolo di Ips) conferma: i genitori neri e latinos hanno tre volte più probabilità  di dare ai propri figli acqua imbottigliata.
Non solo. A questi bambini e ragazzi è mirato un altro mercato, che coinvolge più o meno le stesse grandi aziende: quello delle bevande zuccherate e gassate, che fa dei ragazzi ispanici il gruppo a più alto rischio di obesità , secondo i dati del Dipartimento alla salute dello stato di New York. Anche qui c’entra molto il marketing. Le aziende del settore spendono 948 milioni di dollari ogni anno per pubblicizzare bevande dolci e gassate o energetiche sul mercato Usa, secondo un rapporto del Rudd Center for Food Policy and Obesity dell’Università  di Yale – la sola Coca Cola spende quasi 180 milioni (somma da far impallidire la Nestlé, che ha speso per pubblicizzare la sua acqua Pure Life «solo» 9,7 milioni di dollari nel 2009, secondo un rapporto del gruppo Food and Water Watch (altro gruppo Usa che si dedica a monitorare il mercato degli alimentari e dell’acqua). Benché in bottiglia, in effetti, l’acqua è più sana delle bibite gassate. Ma queste rendono meglio.


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