Il governo e le richieste europee Per ora un maxi emendamento

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ROMA — Decreto sì, decreto no. Alla fine di una giornata convulsa, forse la più delicata nella vita del governo, il Consiglio dei ministri, convocato a tarda ora, non ha varato alcun decreto nonostante le voci che si erano rincorse e che davano per certo il ricorso a un provvedimento di urgenza. Un provvedimento che avrebbe dovuto contenere le misure per fronteggiare la crisi, già  indicate nella «lettera di impegni» inviata all’Europa e che il premier Silvio Berlusconi avrebbe voluto portare al G20 che si apre oggi a Cannes.
Ma alla fine si è deciso di predisporre un maxi emendamento alla legge di stabilità  e in un secondo tempo si procederà  a fare un decreto e un disegno di legge. Un esito che ha scontentato il ministro leghista Roberto Calderoli: «Decreto legge alla memoria: quando si calano le braghe bisogna stare molto attenti a coprirsi le spalle perché svolazzano i temuti uccelli paduli…».
A consigliare di mettere da parte il decreto sarebbero stati i suggerimenti giunti dalla presidenza della Repubblica, con i quali si faceva presente che alcune norme non erano giudicate attinenti all’emergenza economica che il Paese deve fronteggiare. A queste obiezioni si sono aggiunte quelle del ministro dell’Economia Giulio Tremonti. In particolare, Tremonti non ha gradito, secondo quanto è trapelato, l’idea che il pacchetto anticrisi venisse diviso tra un decreto e un maxi emendamento.
La riunione del Consiglio dei ministri è giunta al termine di una serie di incontri tra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli, tra la sede dell’esecutivo e la residenza privata del Cavaliere. E si è incrociata con le consultazioni del capo dello Stato, tanto che l’incontro tra Giorgio Napolitano e la delegazione del Pdl è stato rimandato a oggi per il protrarsi di questa riunione e, fanno sapere fonti del Pdl, anche per la difficoltà  di trovare una sintesi politica dopo il perentorio avviso del Presidente.
Di prima mattina Berlusconi convoca i ministri economici per il secondo round di una sessione di lavoro che avrebbe dovuto produrre un provvedimento che desse seguito agli impegni assunti nella lettera spedita a Bruxelles. I toni sono molto combattivi. Berlusconi, fanno sapere, assicura che «non c’è alternativa alla mia maggioranza, ho il dovere di governare, spiegherò agli italiani cosa faremo per uscire dalla crisi». E lascia intendere che di lì a poco il governo avrebbe adottato un provvedimento di urgenza, proprio per raccogliere la sollecitazione a fare presto giunta dal presidente Napolitano. Il Cavaliere poi sfida i malpancisti che si annidano nel Pdl e che in queste ore si stanno agitando: «Chi è contro di me mi sfiduci pure in Parlamento». Insomma il premier mostra il volto dell’arme. E anche Umberto Bossi, l’alleato più fedele, conferma che il Cavaliere non intende farsi da parte. «Berlusconi — dice il Senatur — non farà  mai un passo indietro. È inutile chiederglielo, tanto non lo fa». Alla mattina aveva parlato di «rivoluzione se toccano le pensioni». E la Padania di stamane titola «Da Bossi no a Monti e stop sulle pensioni».
Del resto, che questo sia l’orientamento del gruppo dirigente lo si ricava da quanto trapela dall’Ufficio di presidenza del Pdl. Angelino Alfano denuncia l’esistenza di «una congiura contro di noi per attirare una decina di deputati e per tentare un governo del ribaltone». Il segretario del Pdl sostiene che qualcuno «sta dando loro l’illusione di non fare un’operazione di trasformismo ma di andare in un partito nuovo con un finto simbolo nuovo». Questa congiura, argomenta Alfano, porterà  «probabilmente allo scioglimento di un partito per costruire fintamente una sorta di area di moderati che deve servire solo a intercettare una decina di deputati. Ma se questo non avviene entro Natale non riusciranno più a fare il governo del ribaltone perché se si supera quella data l’unica alternativa a questo governo sono le elezioni anticipate a marzo o ad aprile».


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