Il governo di emergenza spacca il PDL

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ROMA – «Sono contrario, anzi contrarissimo. Se ci sono elezioni anticipate esco dal gruppo, dal Pdl, da tutto». Giuseppe Pisanu non vuol sentire parlare di andare a votare “sotto la neve”. Un no alle elezioni e un sì al governo di emergenza che è solo la punta dell’iceberg che si aggira pericolosamente nel mare del Pdl, dove riunioni e vertici si succedono a ritmo frenetico. Un’altra fronda che oggi troverà  corpo con la nascita di un nuovo sottogruppo del Misto alla Camera: sono in 11, si chiamerà  Costituente popolare e ne faranno parte Antonione, Gava, Sardelli, Destro, Pittelli, altri “malpancisti” e i quattro di Mpa.
Il manipolo ha i numeri per partecipare alle consultazioni del Quirinale e saluta già  calorosamente il governo Monti. E intanto Pisanu coltiva un progetto simile al Senato. Per il momento stanno alla finestra gli scajoliani, convinti che la battaglia contro il voto si debba fare dentro il partito. Intanto per andare alle urne subito si schierano la Gelmini e Meloni, Sacconi e Romani, Brunetta e La Russa. E visto che la guerra interna al Pdl si consuma anche nella battaglia delle cifre, Altero Matteoli fa sapere che ci sono trenta deputati con lui a sostegno delle elezioni. Contro anche Ronchi, con l’area ex An in subbuglio che minaccia di fare l’opposizione al nuovo governo.
Ma che il fronte del no al voto sia ampio lo testimonia anche Maurizio Lupi. Il vicepresidente della Camera, infatti, non esclude l’ipotesi di un nuovo governo. Dice che ci sono due ipotesi: «Le elezioni o un governo ampiamente condiviso che però non può essere fatto da transfughi». E se ci fosse bisogno di altre prove, ecco il no alle urne di Ennio Doris, socio storico di Berlusconi, che dice senza mezzi termini che l’unica soluzione possibile è il varo di un governo tecnico.
L’elenco delle personalità  del Pdl che prendono le distanze dal leader pronto al voto è lungo e variegato. Ci sono per esempio il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. Dicono no al voto anticipato Cicchitto, Verdini, un fedelissimo del premier come Luigi Vitali e si associa anche Giuliano Cazzola. Contro le urne scendono in campo anche i deputati di Grande Sud di Miccichè. E voci del Pdl dicono che contro il voto lavorano anche Frattini e Fitto e financo Gianni Letta.
Siamo di fronte a numeri consistenti che secondo alcuni calcoli potrebbero arrivare fino ad ottanta parlamentari. Una frana nel Pdl che si è vista, in maniera palese, ieri alla Camera dove sul voto finale sull’assestamento di bilancio la maggioranza è scesa dai 308 voti di martedì a 294. E in due votazioni sugli articoli è sprofondata anche a quota 283 e 281. Ma queste defezioni come ha ricordato Gianfranco Fini, provocano un altro problema: la Camera ieri era in numero legale “tecnico”, solo perché si conteggiavano i deputati dell’opposizione assenti, ma che avevano preso la parola.


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