Il Fondo monetario piglia tutto
PARIGI.Merkozy ha fatto la lezione a Papasconi (dopo il duo dominante Merkel-Sarkozy nasce il duo perdente Papandreou-Berlusconi, il copyright è del disegnatore Plantu), anche se il presidente francese assicura di «non aver voluto cambiare i governi in Grecia e in Italia». Il primo ministro greco è stato costretto a rinunciare al referendum (nella speranza di sbloccare entro febbraio 80 miliardi di euro del piano deciso il 27 ottobre e di incassare a breve gli 8 miliardi della sesta tranche del primo piano di aiuti). Mentre l’italiano ha dovuto accettare la messa sotto tutela dell’Italia. Sarà l’Fmi a controllare, ogni tre mesi, che gli impegni vengano rispettati. La Commissione europea resta un passo indietro, anche se manderà i suoi esperti a Roma immediatamente. Il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, per limitare i danni dell’impressione di arroganza data da Merkozy, ha affermato che è stata l’Italia ad accettare di sua volontà la tutela dell’Fmi. Christine Lagarde, alla testa dell’Fmi, afferma che il problema italiano è «la mancanza di credibilità » e rifiuta la «troika» per controllare l’Italia, come è stato per la Grecia (assieme a Ue e Bce). Per evitare il contagio all’Italia, sarà creato un sistema di «parafulmine», un’ipotesi è l’accesso al Fesf (Fondo europeo di stabilità finanziaria), dotato di 440 miliardi di euro, che grazie a un ancora ipotetico effetto leva potrebbe arrivare a mille miliardi. Ma sul tavolo c’è soprattutto il finanziamento via Fmi. È l’Fmi ad uscire rafforzato dal G20. «Abbiamo bisogno di costruire un muro di protezione – ha detto Obama – l’Fmi deve avere un ruolo di sostegno importante». Le economie più forti del mondo hanno deciso di aumentarne le risorse, «rapidamente, se necessario» ha precisato il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy. Ci sono tre opzioni: 1) contributi bilaterali all’Fmi, come era stato fatto in seguito alla crisi del 2009; 2) emissioni di Dps (Diritti speciali di prelievo, l’unità di conto dell’Fmi); 3) creare un’entità specifica all’interno dell’Fmi, una specie di trust fund, un conto speciale alimentato da paesi volontari. Gli emergenti dovrebbero contribuire. Tutti preferiscono l’Fmi al Fesf.
Il G20, dominato dalla crisi della zona euro e dal tentativo di isolare il malato greco, ha fatto un perdente certo: i paesi poveri. «Il piatto è copioso per la Grecia e gli altri del G20 – ha commentato l’ong ActionAid (del Kenya, paese dove si sta morendo di fame)- per i poveri, solo briciole». Il commento più chiaro al fallimento del vertice è di Franck Gaye, uno dei portavoce del contro-vertice di Nizza: «I dirigenti rassicurano i mercati finanziari mentre i popoli sprofondano nella crisi economica. Quando un popolo vuole esprimersi, ivi compreso in Grecia, e battere un pugno sul tavolo, vediamo che è messo a tacere. I casseurs che erano attesi a Nizza si sono riuniti a Cannes, per spaccare tutto quello che resta della solidarietà ».
Nessuna decisione a Cannes sulla tassa sulle transazioni finanziarie. Il comunicato finale si limita a riconoscere gli sforzi di chi vuole andare avanti su questa strada. Ma è mancata l’unanimità per attivarla: restano contro gli Usa, malgrado le piccole aperture di Obama, la Gran Bretagna (che ha la seconda piazza finanziaria mondiale nella City), la Cina, la Russia, la Svezia. La Francia, che era riuscita a convincere la Germania su questo punto, è favorevole, Sarkozy ha promesso che farà «del suo meglio» perché questa tassa venga introdotta nell’Ue nel 2012. Erano d’accordo anche il Brasile, l’Argentina, il Sudafrica. Christina Kirchner, presidente argentina, sostiene che «è ora di finirla con l’anarcocapitalismo finanziario dove nessuno controlla più nulla e bisogna tornare a un capitalismo serio».
Nel comunicato finale non manca il solito catalogo di buone intenzioni: aumento della produzione agricola, in un mondo dove la fame non è stata ancora sconfitta; promessa di controllo sui bonus eccessivi pagati dalla banche (è l’ennesima volta che questa promessa è fatta); impegno a favore di infrastrutture per i paesi poveri; promessa cinese di rendere più «flessibile» il cambio dello yuan. C’è persino un riferimento allo zoccolo sociale minimo mondiale. Sarkozy ha di nuovo promesso, come già nel 2007, nel 2008, nel 2009 e nel 2010, la «messa al bando» dei paradisi fiscali. C’è una lista di 11 cattivi (è sempre la solita, c’è anche Antigua dove investe mister B, destinata a restare lettera morta alla luce dell’esperienza passata). Intanto, c’è allarme disoccupazione nella zona euro a causa del rischio Grecia, a partire dalle banche: la Commerzbank è in rosso, Bnp-Paribas parla di centinaia di licenziamenti. La Francia ha passato la presidenza del G20 al Messico.
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