by Sergio Segio | 3 Novembre 2011 19:35
L’annuncio di un referendum in Grecia sul piano europeo di salvataggio ha sorpreso tutti e i commenti che ha suscitato permettono di capire meglio il pensiero dei responsabili dell’Unione. Le loro pratiche ricordano molto quelle dei gruppi religiosi. La comunità degli eurocrati (si rimprovera loro di costituire un Leviatano dei funzionari, ma è ingiusto perché non sono così numerosi) , persone ragionevoli che vivono a Bruxelles e che si considerano come “l’Europa”, celebra una sorta di liturgia della Parola. I partecipanti si recitano reciprocamente delle preghiere che sono consegnate ai giornalisti per essere tramandate ai posteri.
Le formule più importanti del rito europeo attualmente in atto sono le seguenti: il primo ministro greco avrebbe cercato di fare “un bluff irresponsabile”, un “no dei greci avrebbe conseguenze imprevedibili”, le questioni attualmente in discussione sarebbero troppo complesse per essere sottoposte alla decisione popolare – e questo ancora prima dell’adozione di queste misure – e, soprattutto, la variante nazionale contemporanea della democrazia parlamentare non sarebbe appropriata a gestire correttamente i problemi globali.
Come il Sant’Uffizio romano, i professionisti dell’Europa hanno sviluppato un sistema normativo per imporre il rispetto dell’ortodossia. Conformemente alla complessità del mondo postmoderno, in questa fede europea nulla definisce chiaramente l’apostasia. Ma chi si ostina ad affermare che gli interessi nazionali sono un elemento non solo legittimo ma anche decisivo della politica europea corre il rischio di essere scomunicato. Tutto il resto, come è abitudine dell’Ue, è negoziabile.
Per i credenti l’esistenza di una tale istanza superiore negli affari dogmatici è di vitale importanza. Come immaginare che ogni europeo possa decidere da solo se sia meglio rispondere alla disintegrazione della zona euro attraverso una riduzione del numero di partecipanti alla moneta unica, o attraverso la creazione di un governo centrale che come un pranoterapeuta guarirebbe la frattura fra l’economia olandese e quella greca. È come se ogni fedele che assiste a una messa cattolica avesse la sua interpretazione sulla transustanziazione. Impossibile, per non dire intollerabile.
I grandi sacerdoti europei sono quindi una benedizione e dovremmo anzi organizzare delle piccole persecuzioni contro gli eretici che osano sfidare il santo credo dello stato centrale europeo unico, quanto meno come segno di rispetto nei suoi confronti. In tutti i tempi le eresie sono apparse attraverso le domande; chi fa una domanda esprime un dubbio e il dubbio è nemico del dogma.
Che cosa ci vogliono dire quindi i commentatori dell’Europa unita quando affermano con voce vibrante per l’indignazione che un rifiuto del piano di Bruxelles da parte dei greci avrebbe “conseguenze imprevedibili”? Insinuano forse che le conseguenze delle “misure” decise finora erano prevedibili? Gli avvenimenti dell’anno scorso ce ne hanno fornito qualche prova?
Perché i cittadini non avrebbero il diritto di pronunciarsi su un progetto che riduce in modo considerevole la sovranità del loro paese? È colpa loro se non capiscono quello che succede o la colpa è invece di chi non spiega loro niente? E le mancate spiegazioni di questi ultimi non sono forse dovute al fatto che anche loro non capiscono quello che succede? Perché allora questi responsabili avrebbero il diritto di prendere delle decisioni quando non capiscono più di quelli a cui nascondono il loro operato?
È giusto che i guardiani della fede si impegnino a difendere le loro idee. Senza dogma non vi sarebbe eresia, e senza eretici l’Europa non potrà essere salvata. Quando tutti pensano la stessa cosa non si pensa più molto. In realtà chi si batte contro il diktat attuale difende l’Europa. (traduzione di Andrea De Ritis)
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