Il Cavaliere vuole il voto a giugno “Al governo solo 100 giorni di vita”

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Il timing del Cavaliere è già  partito. «Gli diamo cento giorni di tempo, poi usciamo e si va alle urne». A Mario Monti «Maradona», per stare solo all’ultimo appellativo che gli ha affibbiato in privato, il presidente del Consiglio uscente non intende concedere più dei tre-quattro mesi necessari a realizzare il «lavoro sporco», i provvedimenti più drastici e impopolari.
Il governo deve ancora incassare la fiducia e Berlusconi mercoledì notte rivela ai dirigenti più fidati, trattenuti a Palazzo Grazioli dopo l’Ufficio di presidenza Pdl, quello che in gergo aziendale si chiama preannuncio di licenziamento. Di tutto questo, va da sé, non vi sarà  traccia nel discorso solenne di apertura e sostegno al governo che oggi l’ex premier terrà  alla Camera. Giusto qualche paletto su patrimoniale e ritorno all’Ici, poi disco verde. È la strategia del doppio binario: puntellare Monti in pubblico, sminuirne ruolo e tenuta nei vertici di partito. Per tenere insieme gli ex An, i Sacconi e Brunetta sul piede di guerra, da un lato. E gli sponsor del governo appena nato, dall’altro. Sarà  un’impresa. «Nessuno sgambetto a Monti» lo ha avvertito ancora ieri Scajola.
A Palazzo Grazioli la musica è diversa. Mercoledì notte solo la prima delle riunioni operative per una campagna elettorale che per Berlusconi «è partita» col milione di manifesti – «Io raddoppio l’impegno» – apparsi ieri mattina in tutta Italia. Il congresso nazionale Pdl che il leader ieri sera alla riunione del gruppo a Montecitorio ha preannunciato per la primavera, segnerà  lo spartiacque. «Se tutto va come previsto, il congresso sarà  il momento solenne in cui annunceremo la conclusione della parentesi delle larghe intese» racconta uno degli uomini del governo in carica fino a sabato scorso. Insomma, da lì potrebbe scendere il sipario sull’esperienza Monti. Al segretario Alfano, ai capigruppo e pochi altri il Cavaliere rivela che ha ingaggiato una mega-società  di consulenza internet per lanciare una campagna elettorale «in stile Obama», su piattaforma 2.0. Base operativa saranno i 1.400 metri quadrati lasciati proprio a Palazzo Grazioli dalla Red tv di Massimo D’Alema, serviranno anche per una Pdl-tv sul digitale. A dicembre, come avvenuto sotto il governo Prodi, si dovrebbe tenere la manifestazione di piazza alla quale l’ex premier chiamerà  a raccolta gli elettori del centrodestra. Sogna 1-2 milioni sotto lo slogan de «La marcia della libertà » per un partito che appare più di lotta che di governo, che si muove come se fosse all’opposizione. «Sarò io il manager della campagna elettorale, voglio lo spirito del ‘94» galvanizza i suoi. E in effetti ha ripreso in mano le redini del partito.
Non solo oggi terrà  lui il discorso a Montecitorio a nome del Pdl, ma anche ieri mattina alla riunione di gruppo al Senato ha parlato per 45 minuti senza mai dare la parola ad Angelino Alfano, pur ripetendo che è «il giovane segretario che tutti ci invidiano». «Con Bossi, state tranquilli, riprenderò a cenare io ogni lunedì» ha rassicurato invece i deputati in serata. Tra gli uomini di Cicchitto, tuttavia, in questo momento prevalgono smarrimento e incertezze. «Ma in ufficio di presidenza dobbiamo trovarci sempre le solite facce?» incalza Alessandra Mussolini che chiede ora che gli ormai ex ministri non ne facciano più parte di diritto. «È un problema che affronteremo in direzione» risponde Berlusconi che ammette l’esistenza del problema. Qualcosa dovrà  cambiare ai piani alti. Del partito, ma anche del Giornale di famiglia, forse. Quando uno dei deputati gli chiede conto della linea parecchio aggressiva su Monti che rischia di mettere in imbarazzo il partito, il patron rivela: «Non la condivido. Non posso dirvi di più, ma sto per prendere provvedimenti».


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