Il calendario a tappe forzate per l’Unione

by Sergio Segio | 29 Novembre 2011 8:07

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Entro il 9 dicembre «sarà  pronta una vera e propria road map per il salvataggio dell’euro», ha annunciato negli Usa il presidente della Ue, Herman Van Rompuy. E circolano tracce di progetti ambiziosi. Per questo, forse, i mercati, le aste dei titoli e l’euro resuscitano: perché intravedono qualche azione concreta. Due, i piani immediati: potenziare il dormiente Fondo salva Stati, portando a 1.000 i suoi attuali 240 miliardi di euro che a malapena salveranno la Grecia; e far sì che la Banca centrale europea non sia più tanto ingessata, che possa intervenire più a fondo ovunque lampeggi la spia di un’emergenza; o quasi ovunque. Ma tutto questo, senza ingolfarsi in una lunga modifica dei Trattati Ue: che appunto ingessano la Bce. Si può fare, ha detto ieri la Germania: «Vogliamo farlo fra tutti i 27 Stati e nei termini del Trattato di Lisbona». Come? Non proclamando che il pronto soccorso è per tutti, e dotato di farmaci illimitati e gratuiti: ma agendo ugualmente, dove si può. Pur chiarendo che «le nostre risorse finanziarie non sono illimitate», Angela Merkel ha dato il via libera ai negoziati sul Fondo, su ciò che potrà  fare: assicurazioni sul 20-30% del valore dei titoli di Stato, o qualunque cosa che superi l’inattività . E che sia vincolata a una nuova unione fiscale — cioè a controlli e sanzioni incrociate sui bilanci — almeno fra i 6 Paesi dell’Eurozona che hanno un rating da «tripla A». Questa griglia rafforzata dovrebbe garantire la Bce, sollevarla da certe preoccupazioni.
E permetterle di intervenire, per esempio, quando in un Paese lo «spread» — il proverbiale divario di rendimento rispetto ai titoli tedeschi — superi certi livelli. Di tutto ciò si discuterà  anche all’incontro dei ministri finanziari europei, oggi e domani. E tutto ciò, si spera, sarà  a un passo dai confini del Trattato, ma non oltre. A Bruxelles non brindano, né promettono barricate. Se nascerà , l’unione fiscale sarà  una «coalition of the willing», una «coalizione dei volenterosi» che cambia marcia e accelera senza abbandonare per sempre chi sta più indietro. Può anche essere un grimaldello interno alla Ue, certo: però non si vedono molte alternative. Anche perché c’è un gufo che zufola dalle colonne del Financial Times: «L’euro ha 10 giorni al massimo per evitare il collasso».

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