I nomi di Amato e Saccomanni Lista «corta» e profilo tecnico

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ROMA — Con l’imminente cambio di governo, è partito il totoministri. Ma i modi e i tempi della compilazione della lista saranno ben diversi da quelli cui siamo stati abituati. Quanto ai tempi si sa che dovrebbe essere pronta già  nel pomeriggio di domenica 13 novembre in modo che ci sia un nuovo governo prima della riapertura dei mercati lunedì. Quanto alla lista, un’altra caratteristica sarà  quella di essere corta, un governo snello e operativo. Dodici-quindici posizioni di ministri la cui scelta dovrà  rispondere a un identikit ben preciso: quello di essere nei vari ambiti personalità  in grado di applicare le misure richieste dalla Ue, cioè in grado di rendere operative le richieste della famosa lettera del 5 agosto e le successive 39 domande recapitate a Roma.
Quindi poltrone ridotte all’osso, con taglio innanzitutto dei ministeri senza portafoglio.
C’è poi la domanda: sarà  un governo tutto tecnico o un mix tecnico-politico? Con il passare delle ore nella giornata di ieri si è rafforzata la prima ipotesi, con appoggio esterno dei principali partiti presenti in Parlamento, a partire da Pdl, Pd ma anche il Terzo polo.
Quindi il nuovo governo sarebbe formalmente un governo tecnico sostenuto da larga maggioranza parlamentare, ma non di larghe intese. In pratica si configurerebbe come governo d’emergenza nazionale, vista la situazione economica. A questo punto i nomi. Naturalmente il presidente del Consiglio, Mario Monti, che assumerebbe anche l’interim dell’Economia, cui in alternativa potrebbe essere chiamato anche Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d’Italia. Agli Esteri, Giuliano Amato, con il grado di vicepremier (più improbabile che Amato torni al Viminale, viste le sue competenze economiche e le sue relazioni internazionali). Ma agli Esteri è tornata anche l’ipotesi di lasciare il dicastero a Franco Frattini. Gianni Letta potrebbe mantenere l’incarico di sottosegretario alla presidenza anche con il grado di vicepremier. Vicepremier anche Enrico Letta del Pd, ma tutti e due salterebbero ovviamente nel caso di un governo tecnico.
Al ministero dello Sviluppo, potrebbe invece andare Saccomanni o anche Lorenzo Bini Smaghi, che proprio ieri si è dimesso dal board della Bce per far posto a un francese e che ha annunciato un incarico all’Università  di Harvard dal primo gennaio.
Alla Giustizia, dove Berlusconi intendeva “difendere” Nitto Palma, ma per cui corre il nome di Maurizio Lupi) potrebbe andare un tecnico come il presidente della Corte d’Appello di Torino, Mario Barbuto. Un magistrato-manager che ha dato prova, quasi miracolosa, di come si gestisce un grande ufficio giudiziario azzerando l’arretrato civile. È quest’ultimo uno dei nodi dolenti che frenano lo sviluppo economico anche nell’analisi della Ue.
Per l’istruzione, se non ci andrà  un politico, come Rocco Buttiglione (presidente dell’Udc, ed esponente di punta del mondo cattolico che si è espresso con il Forum di Todi), il “tecnico” più gettonato è Francesco Profumo (presidente del Cnr). Altri due nodi strategici riguardano la pubblica amministrazione e il welfare. Ministro potrebbe essere o un amministrativista della scuola di Sabino Cassese, o Franco Bassanini o forse ancor di più un manager gestionale.
La necessaria introduzione della flexesecurity, indispensabile per la riforma del mercato del lavoro, potrebbe essere attuata affidando il ministero del Welfare a Pietro Ichino. Ai Beni Culturali è in pole Paolo Baratta.


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