I minori in prova si riscattano

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A dirlo è uno studio condotto dal Dipartimento per la Giustizia minorile che ha seguito per quasi quindici anni la vita di oltre mille ragazzi. Tra di loro il 31,44% è tornato a delinquere. Ma i risultati migliori si sono avuti proprio tra coloro per i quali è stato sospeso il processo e scelta la «messa alla prova». Un percorso che può essere usato per tutti i tipi di reato e portare all’estinzione del reato. «Un’istituto unico in Europa — spiega il capo del Dipartimento Bruno Brattoli — sul quale si sta concentrando l’attenzione di Paesi che hanno fatto scelte diverse».
Come la Gran Bretagna. Solo alcuni giorni fa l’Herald Tribune ha lanciato l’allerta: insieme alla disoccupazione giovanile crescono i reati compiuti da minori della «lost generation»: una «generazione perduta» che non produce ricchezza e costa. Riducendo di un punto in percentuale la disoccupazione giovanile, hanno calcolato alla London School di Economia e Scienze Politiche, si potrebbero risparmiare 3,2 milioni di dollari sui costi della criminalità  giovanile.
Da qui l’appello all’inclusione dei giovani. «Che dopo le quote rosa non sia arrivato il momento delle quote verdi»? Laura Laera, presidente dell’associazione dei magistrati per i minorenni — riuniti a Catania proprio per il convegno Cittadini in crescita: tra inclusione ed esclusione — rilancia l’interrogativo insieme all’allerta britannica. E non è un caso se oggi il neogovernatore della Banca d’Italia Ignazio Visco interverrà  sul palco dell’Aimmf. Di «allerta ma senza allarmismi» parla anche il presidente del Tribunale per i minorenni di Milano Mario Zevola. «Il trend è leggero, ma il fenomeno della criminalità  giovanile si sta facendo più preoccupante. Se non altro per il tipo di delinquenza». Più reati alla persona compiuti non solo da stranieri ma dalla «lost generation» nostrana.


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