I MILITARI AL POTERE SONO IL NUOVO DESPOTA

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Tuttavia, nella “primavera araba” non si può parlare di rivoluzione, perché questa comporta un cambiamento a 360 gradi, una trasformazione radicale di una società  e del suo sistema economico. Ora, non è quello che chiede la folla di piazza Tahrir. All’inizio, essa voleva soltanto detronizzare un dittatore e finirla con un sistema politico basato sulla corruzione. Purtroppo, però, i manifestanti non avevano un progetto alternativo al regime di Mubarak. In questo si è vista l’assenza dell’Europa, che avrebbe dovuto aiutare i laici egiziani, insegnargli a gestire la vittoria, a esigere vere riforme. Avrebbe, per esempio, dovuto finanziare le stesse mense per i poveri che hanno aperto i Fratelli musulmani, guadagnando così enormi consensi.
La rivolta egiziana dimostra che non basta sbarazzarsi di un despota, senza avere nel cassetto un altro progetto di governo. Perché senza alternative valide, un nuovo despota è sempre pronto a prendere il posto di quello appena destituito.
Il risveglio dei popoli arabi è coinciso con l’arrivo di una nuova generazione, di una gioventù con una forte sete di libertà . Sono ragazzi che si sono aperti al mondo grazie a Internet, mentre i loro padri hanno guardato sempre lo stesso canale della stessa televisione di regime. Improvvisamente le frontiere sono scomparse, ed è nato il desiderio di cambiamento.
Questa voglia di cambiare s’è prodotta con impazienza, e senza sapere verso quale meta tendere. C’è stata prima la gioia di una vittoria insperata, che è stata come una sorta di ubriacatura: la piazza credette allora che con la fine di Mubarak sarebbe tutto cambiato, come se avesse strofinato la lampada di Aladino. Ma non è stato così, perché i giovani dimostranti disorganizzati si sono trovati davanti a due forze organizzatissime: l’esercito, che continua a sostenere il partito del tiranno caduto; e i Fratelli musulmani.
Ora, l’esercito non ha voluto attuare le riforme sperate. Quanto agli islamici, essi hanno capito che non è nel loro interesse schierarsi contro i militari, ma piuttosto lasciare che questi si scontrino con i giovani “impazienti”. Una volta sedata la rivolta, i Fratelli musulmani potranno sempre porsi come i veri riformatori e come gli unici vincitori della rivolta.
Detto questo, dissento da coloro che sostengono che si stava meglio prima che scoppiassero le rivolte arabe. Anche nella Bibbia, gli ebrei che si ritrovano affamati nel deserto con Mosè rimpiangono la schiavitù dei faraoni, perché quando erano in catene almeno non morivano di fame. In Egitto, ci saranno ancora sobbalzi, altro sangue sarà  versato, e l’esercito non lascerà  il potere senza contropartite. E’ del resto verosimile che giungerà  a un accordo con i Fratelli musulmani per spartirsi le ricchezze del Paese.
Lo stato maggiore militare è uno Stato nello Stato, che possiede fabbriche, aziende, immobili e milioni di ettari di terra. Soltanto il Pentagono gli versa un miliardo di dollari l’anno, che serve a intrattenere l’esercito. E’ quindi ovvio che i militari non scompariranno tanto facilmente. In futuro, ostenteranno con più discrezione le loro enormi ricchezze e il loro solido potere, alienandone però il meno possibile. Tutto questo per non irritare il popolo. Il quale dovrà  vedersela con un altro tipo di potere, che s’appoggia anch’esso su parte della piazza: gli islamici.


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