I «Freedom raiders» oggi sui bus dei coloni contro l’apartheid

by Sergio Segio | 15 Novembre 2011 8:17

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«Invitiamo tutti gli internazionali ad unirsi ai Comitati palestinesi. È un’azione che si ispira, alla lotta contro la segregazione razziale condotta negli Stati uniti, quando negli autobus i posti di fronte erano riservati ai bianchi», spiega uno dei promotori, Mazin Qumsiyeh, professore all’università  di Betlemme. «Sappiamo di rischiare – aggiunge Qumsiyeh -, per un palestinese con carta di identità  della Cisgiordania, la pena prevista per ingresso illegale in Israele può arrivare a sette anni di prigione».
Per i promotori di «Freedom Riders» la condizione palestinese sarebbe persino peggiore di quella degli afro-americani negli anni ’60. Allora, spiegano, le persone di colore negli Stati Uniti dovevano sedersi in fondo all’autobus mentre nei Territori occupati i palestinesi non sono nemmeno autorizzati ad entrare nei pullman. «Freedom Riders» denuncia inoltre che un «regime di apartheid» viene portato avanti anche attraverso le «bypass road», strade di collegamento che rompono la continuità  del territorio palestinese, a danno soprattutto di lavoratori e studenti costretti a utilizzare strade secondarie per gli spostamenti. Senza dimenticare le conseguenze per l’economia della Cisgiordania. «Ai palestinesi è vietato attraversare le bypass road con i propri veicoli – ha denunciato l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem -. Ma non solo. L’accesso è ristretto anche alle strade che corrono vicine alle bypass. In questo caso, i palestinesi sono costretti a scendere dalle proprie auto, attraversare la strada a piedi e cercarsi poi un mezzo di trasporto alternativo dall’altra parte».
Intanto sta creando forte preoccupazione nelle ong ed associazioni israeliane che si occupano dei diritti civili e della tutela dei diritti umani, la decisione presa dal consiglio dei ministri israeliano di ottenere dal parlamento una nuova legge che limiti ad appena 20mila shekel (4mila euro) i contributi annuali che queste strutture della società  civile potranno ricevere da finanziatori stranieri.

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