Grecia La democrazia è spazzatura

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Il sentimento di apparente stabilità  tra le élite europee è durato appena due giorni. Sono trascorse 48 ore tra l’immagine della matriarca Merkel, a cui il mondo intero si è rivolto, e quella della depressione. Un medico direbbe che si tratta di una patologia, e ci spiegherebbe che la psiche collettiva è malata, e i fantasmi della grandezza e della fiducia di cui si nutre sono ingannevoli.

Costernazione in Germania, Finlandia, Francia e persino nel Regno Unito. Costernazione sui mercati finanziari e nelle banche. Il motivo? Il primo ministro greco George Papandreou ha deciso di indire un referendum per chiedere l’opinione del suo popolo su una questione decisiva per il futuro del paese.

Il primo novembre abbiamo visto i banchieri e i politici europei lanciare l’allarme di un crollo delle borse. Il messaggio era chiarissimo: se i greci diranno sì, vorrà  dire che sono degli idioti. Quanto a Papandreou, è uno scriteriato soltanto perché ha pensato di porre la domanda. Forse però, prima di sprofondare nella spirale del panico, è arrivato il momento di fare un passo indietro e osservare la situazione in modo distaccato. Davanti ai nostri occhi si sta svolgendo lo spettacolo della degenerazione dei valori che l’Europa dovrebbe incarnare.

Sui mercati finanziari, alcuni protagonisti analizzano senza scomporsi la storia di questa decadenza annunciata. Il Daily Telegraph riporta una voce che circolerebbe nei circoli della finanza e anche all’interno del governo britannico: sarebbe bello se una giunta militare prendesse il potere in Grecia, perché nessuna giunta militare potrebbe essere accettata dall’Ue. Forbes, che non è certo una voce ininfluente nel mondo della finanza, si spinge addirittura oltre: “La cosa più triste della battuta è che se ignoriamo il fatto che si tratterebbe di una dittatura militare, sarebbe in realtà  una buona soluzione per il paese”.

Non c’è bisogno di sottolineare tutti i collegamenti di questa battuta con il subconscio per capire che siamo davanti al sacrificio totale dei principi morali del dopoguerra sull’altare di un’entità  economica e finanziaria superiore. Processi come questo si sviluppano sotto traccia. A volte durano decenni, e spesso si concludono con la nascita di una nuova ideologia. È accaduto in occasione di tutte le grandi crisi autoritarie del XX secolo.

Vogliamo ricordare le parole di Papandreou, che sono risuonate nelle orecchie dell’Europa come i vaneggiamenti di un pazzo: “la volontà  del popolo finirà  con l’imporsi”. Se il popolo rifiuterà  l’accordo con l’Ue, “non lo porteremo avanti”. In Germania, ricordiamocelo, fino a qualche giorno fa consideravamo la democrazia come l’affermazione del potere legislativo, imposta dalla Corte costituzionale e acclamata da tutti i partiti. In nome di questo principio abbiamo addirittura rinviato un summit dell’Ue. Ma oggi lo stesso non vale per la Grecia.

Prigionieri dei mercati

Ma cos’ha di così insopportabile l’iniziativa del governo greco? Risposta: il fatto che il primo ministro sottometta il futuro del paese al parere del popolo. Davanti a una simile decisione i tedeschi, i cosiddetti cittadini modello, sono andati nel panico, ma soltanto perché prima di loro lo hanno fatto i mercati finanziari. La verità  è che siamo tutti prigionieri dei mercati ancora prima che si esprimano.

Ormai è sempre più evidente che la crisi che sta stritolando l’Europa non è una difficoltà  passeggera, ma l’espressione di una lotta per la supremazia tra il potere economico e quello politico. Quest’ultimo ha già  perso molto terreno, e continua a perderne sempre più rapidamente. L’incomprensione totale suscitata dal gesto di Papandreou riguarda anche lo spazio pubblico democratico. Nessuno sembra ricordarsi che la democrazia ha un prezzo, e dobbiamo essere tutti disposti a pagarlo.

Vogliamo davvero che il processo democratico cada in balìa delle agenzie di rating, degli analisti e di altri gruppi bancari? Nelle ultime 24 ore tutti questi attori si sono affrettati a porre interrogativi di ogni sorta, come se davvero avessero voce in capitolo per interferire con il diritto del popolo greco a decidere il futuro del proprio paese.

La supposta razionalità  dei meccanismi finanziari ha lasciato il posto all’atavica tendenza a generalizzare. Ci eravamo illusi che l’arroganza di trattare un popolo intero come se fosse composto soltanto da truffatori e scansafatiche fosse sparita insieme al nazionalismo. E invece oggi assistiamo a un ritorno di questa mentalità , sostenuta addirittura da “prove ragionevoli”. La deformazione del parlamentarismo, schiacciato dalle logiche di mercato, non cancella il fatto che il popolo greco deve essere considerato un “legislatore straordinario”. I cittadini della Grecia hanno il diritto e il dovere di esprimere il loro parere. In Germania i deputati che seguono la loro coscienza sanno che nessuno metterà  loro la museruola. E ciò che è valido per un deputato tedesco, in quanto individuo, vale anche per uno stato e per l’Europa intera.

Papandreou fa benissimo a fare quello che sta facendo. La sua decisione indica al vecchio continente la via da percorrere. L’Europa dovrebbe fare di tutto per convincere i greci che la soluzione proposta è la migliore. Ma dovrebbe prima convincere se stessa. Per gli altri paesi europei indebitati, invece, sarebbe un modo esemplare di dar prova di lucidità  e capire fino a che punto sono disposti a sacrificarsi in nome di un’Europa unita. (traduzione di Andrea Sparacino)


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