Genova travolta dall’acqua la strage delle donne nelle strade diventate fiumi
Genova. Era una strada chiassosa e vivace, palazzi popolari e mille botteghe nel cuore di Genova. Lo stadio di calcio sullo sfondo, poco verde e molti semafori.
Auto sempre in doppia fila, gente che attraversa con la spesa, rumore di clacson. Quell’eterna confusione che sa di vita. Adesso via Fereggiano non c’è più. Resta solo un cimitero, con sei persone sepolte da una valanga d’acqua e di fango. Erano mamme e sorelle maggiori di ritorno da scuola con i loro bimbi, signore frettolose perché c’era da preparare in tavola. Sorprese dall’alluvione che ieri ha devastato tutta la città , e trasformato questa strada centrale nella fine del mondo. Quattro donne e due bambine, la più piccola aveva undici mesi. Era l’una e quarto, pioveva forte da ore, rami e detriti hanno tappato l’imboccatura del torrente che corre sotto la strada, trecento metri più a monte. È stata come un’esplosione, e all’improvviso tonnellate d’acqua si sono riversate nella via, travolgendo tutto. Macchine, moto, cassonetti dell’immondizia, il chiosco di un’edicola, due autobus pieni di gente. Un inferno. Una marea alta quasi due metri che ha accumulato pressione durante la corsa e si è sfogata con una violenza spaventosa poco prima di uno slargo, all’altezza di corso Sardegna. Loro erano lì, ognuna con la sua storia. Hanno sentito quel suono sordo della valanga, ed hanno guardato indietro terrorizzate. Troppo tardi. Cinque corpi sono stati ripescati nell’androne di un palazzo, il civico numero 2b. Il sesto era poco lontano, schiacciato sotto un’auto.
Le scuole erano aperte
Sono passati dieci giorni dall’alluvione che nelle Cinque Terre e in Lunigiana, cento chilometri a levante lungo la costa ligure, ha fatto dieci morti e tre dispersi. Ieri era scattata l’Allerta 2 in tutta la regione, in particolare nella provincia di Spezia dove per precauzione sono state evacuate oltre mille persone. E però a Genova la gente aveva una gran fifa, perché qui conoscono fin troppo bene la furia del maltempo e ogni anno piangono morti e disastri per via della pioggia. Ai cittadini è stato semplicemente consigliato di restare a casa, ma le scuole sono rimaste aperte. Nei paesi dello spezzino non è caduta una goccia d’acqua, mentre dopo le nove ha cominciato a piovere sulle alture di Portofino, poi a Recco, quindi sul capoluogo. Sempre più forte. L’inquietudine è salita così come il livello del Bisagno, il grande torrente che corre accanto allo stadio e al quartiere di Marassi.
QUATTRO STORIE
UNA SQUADRA
Al termine della giornata cadranno 530 millimetri d’acqua. Come a Borghetto Vara il 25 ottobre scorso, altri 7 morti. Alle 13 in via Fereggiano la vita scorre apparentemente tranquilla: continua a piovere, d’accordo, ma la frenesia è quella di tutti i giorni. Quattro storie stanno per incrociarsi. La prima è quella di Angela Chiaromonte, 40 anni, infermiera in una casa di riposo. È una mamma, e non vuole che il figlio Domenico, 15 anni, studente del liceo Cassini, rimanga da solo sotto il temporale. Così lo va a prendere al volante della sua auto, una Punto nera. La seconda storia è quella di Djala Shpresa, 29 anni, albanese. Un’altra mamma. Con due bambine: Gioia, 8 anni, e Janissa, undici mesi. Anche lei è andata a prendere la figlia a scuola. Ma con l’auto guidata dal cognato, un connazionale. Poi c’è Serena Costa, 19 anni: in sella ad uno scooter Honda ha aspettato il fratellino di 14 fuori dall’istituto dove studia, e insieme tornano a casa. Fanno attenzione alle pozzanghere per non cadere. Quarta storia: Evelina Pietranera, edicolante, cinquant’anni: abita poco lontano, è in ritardo e deve preparare il pranzo per la famiglia.
UNA FUGA SENZA SPERANZA
La pioggia aumenta di intensità . C’è un torrente che si chiama come la strada, Fereggiano, e che scorre sotto. Alla sua imboccatura si è formata come una diga di rami e tronchi, e detriti. Il torrente è sempre più gonfio: all’improvviso esplode, si rovescia sulla via. Dalle finestre dei palazzi qualcuno lancia l’allarme, la gente si volta e comincia a fuggire spaventata. Si rifugia nei negozi, dentro i portoni, sale sui tetti delle auto parcheggiate. Il cognato di Djala Shpresa ha lasciato la sua macchina in doppia fila perché deve recuperare in un magazzino alcuni attrezzi. La donna e le bambine sono a bordo: intuiscono il pericolo, Djala grida a Gioia di scendere e prende in braccio Janissa. Corrono verso un portone, l’ultimo sulla destra, il numero 2b. Lo stesso sta facendo Angela Chiaromonte con il figlio Domenico, dopo aver abbandonato la Punto. Anche Evelina Pietranera comincia a correre verso quell’ingresso, Serena Costa invece frena. Si ferma per un istante. Un istante che sembra durare un’eternità . E dopo è solo acqua, fango, morte.
UNA CITTà IN GINOCCHIO
Anche il Bisagno è straripato, il centro di Genova è in ginocchio. La stazione di Brignole è un pantano e continua ad imbarcare acqua, i passeggeri vengono dirottati su scali diversi. Corso Sardegna e altre le strade che portano a mare sono autentici fiumi che distruggono e portano via tutto quello che trovano lungo il passaggio. Sono migliaia i negozi ed i magazzini allagati e così il pronto soccorso dell’ospedale San Martino. Un black out priva di elettricità mezza città , i telefonini funzionano a singhiozzo. Anche l’aeroporto va in difficoltà , con molti voli che vengono annullati o dirottati. Tra l’una e trenta e le due è il caos totale, sulle strade – e in particolare nei pressi delle scuole, con i genitori che vanno a prendere preoccupati i loro figli – ci sono code infinite di autovetture sotto il diluvio. Nei quartieri del centro non circolano più i mezzi pubblici, il traffico viene vietato, da metà pomeriggio e fino a sera la gente lascia gli uffici ed è costretta a tornare a casa a piedi.
I QUARTIERI FANTASMA
A metà pomeriggio i corpi sono stati tutti recuperati. Serena Costa è sotto un’auto, morta. Il fratellino invece è stato proiettato dalla valanga d’acqua fino allo slargo e si è salvato così come Domenico, il figlio quindicenne di Angela Chiaromonte. Che è affogata con Evelina, Djala e le due bambine. Ha smesso di piovere, quella che poche ore prima era via Fereggiano non c’è più. Vengono evacuati due palazzi. Intorno solo carcasse di vetture, fango, tronchi d’albero, giocattoli, scarpe, persino un passeggino. Dall’autobus hanno estratto una decina di persone, tutte ferite, nessuna in maniera grave. Verso le cinque dicono che c’è il pericolo di una nuova esondazione, invitano la gente a spostarsi più in alto, lontano da lì. Ma è inutile. Nessuno ha più paura. Cosa può accadere, peggio di così? A Marassi e nel vicino quartiere di San Fruttuoso la gente cammina piano per strade fantasma, si guarda negli occhi come per riconoscersi. In città ci sono danni per decine di milioni di euro. Le ruspe cominciano a fare pulizia. L’allerta continua sino a domenica. Da stamani alle sei il traffico delle auto private in città è vietato, e il sindaco ha deciso per la chiusura delle scuole. Ma è troppo tardi.
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