Fini, prove di riconciliazione a destra

Loading

ROMA – L'”Opa” di Fini e Casini sul Pdl è già  lanciata. L’accelerazione delle ultime ore è la conseguenza delle telefonate che i leader del terzo polo raccontano di ricevere «a decine» da parlamentari berlusconiani in libera uscita. Meridionali, tanti, ma anche pidiellini lombardi e veneti che sotto la scure della Lega ritengono pregiudicata la rielezione.
Il big bang dell’esercito berlusconiano per adesso si consuma sotto traccia. Rischia di deflagrare qualora i vertici del partito decidessero di ritirare il sostegno al nascente governo Monti o di non votare leggi fondamentali. I falchi ex An restano sul piede di guerra tentati dallo strappo. «Il governo nasce solo se ci sono le garanzie richieste dal Pdl oppure si vota» avverte Matteoli. Scajoliani e ex ministri della fondazione Liberamente, Frattini in testa, spingono per la soluzione «inevitabile» delle larghe intese. Rappresentano gli antipodi della guerra in corso dentro il partito. Ad ogni modo, non è certo ad un suo ritorno nel Pdl ma al processo inverso che fa riferimento Gianfranco Fini quando a sorpresa, intervistato da Gr Parlamento, chiede: «Se si va verso una disgregazione e riaggregazione» dei due poli, perché continuare a pensare che il Terzo polo debba per forza rimanere il terzo?» Diventare il secondo, se non il primo, dopo l’eventuale smottamento del centrodestra, è ora la mission di Fini, Casini e Rutelli. Trasformare il loro in un polo catalizzatore. In prospettiva, alternativo comunque al centrosinistra. Di questo si sono convinti adesso i dirigenti di Fli dopo che – dai responsi di una serie di sondaggi commissionati da Bocchino e i suoi – è emerso che quasi l’80 per cento dell’elettorato potenziale del loro partito si colloca o si definisce di centrodestra. La priorità  per ora, ne è convinto Fini, è «archiviare il bipolarismo muscolare» attraverso l’esperienza del governo Monti e aprire una fase nuova in cui «nulla sarà  come prima».
Da qui i toni concilianti anche col “nemico” Berlusconi: «Da lui un messaggio video responsabile», «continuerà  a essere leader di primissimo piano». Il leader Fli conferma di aver avuto con lui un colloquio telefonico dopo le dimissioni di sabato sera: «Mi ha detto che si è chiusa una fase e mi ha invitato a ragionare sul futuro» (sebbene i toni sono stati gelidi, raccontano). Se è per questo, Fini in questi giorni dopo Berlusconi ha sentito al telefono anche quei big del partito, da Cicchitto a Lupi a Napoli, che per mesi hanno tentato di sfiduciarlo. È l’avvio della pacificazione, almeno in Parlamento. Le prove tecniche sono andate in scena ieri mattina, quando il sindaco di Roma Alemanno ha visitato il cantiere della metro B1 proprio con Fini. Anche l’ex “colonnello” si è sbilanciato, auspicando «una grande ricomposizione del centrodestra attraverso il Pdl, mettendo insieme tutti quelli che si sentono alternativi alla sinistra». Un simpatizzante li ha fermati: «A preside’, ve posso rivede’ insieme?» Fini ha sorriso. Alemanno milita ancora sull’altro fronte. Ma il magma ormai è fluido nell’era Monti. Lo sanno e lo temono gli ex An più berlusconiani, da La Russa a Matteoli a Meloni: spingono per andare al voto al più presto, anche per evitare l’abbraccio «mortale» del Pdl coi moderati e con lo stesso Fini. Una loro scissione, al contrario, li schiaccerebbe a destra con Storace.
Casini, Bocchino e Rutelli lavorano in squadra, incontrano Monti e danno la disponibilità  a entrare nel governo, se necessario. Detto questo, fra i terzopolisti emergono divisioni che alla lunga potrebbero pesare. La più delicata: Casini sostiene che il governo nasce «per affrontare la crisi» e tutto il resto, legge elettorale compresa, «viene dopo». Per Fini al contrario sarà  «un tema centrale dell’agenda politica». Lui e i suoi uomini per adesso si concentrano su un’agenda parallela. «Da qui ai prossimi mesi il Terzo polo si avvicinerà  alle percentuali del Pdl o di ciò che ne resterà  – prevede Carmelo Briguglio – Ci sono smottamenti non solo di elettori ma anche di classe dirigente».


Related Articles

La sinistra rottamata

Loading

LA DOMENICA delle palme del messia Matteo Renzi s’è chiusa con una standing ovation della platea dell’Ergife. Il successo si misura da chi c’era, ma soprattutto da chi non c’era.

Belsito ai giudici: “Bossi sapeva tutto”

Loading

L’ex tesoriere parla degli investimenti. Il Carroccio lo querela per il dossier su Maroni    

Spese militari, patrimoniale, pensioni Da sinistra partono le contromanovre

Loading

OPPOSIZIONI Dentro e fuori l’aula, quelli del no al decreto. Sel: chi lo vota non fa l’alternativa 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment