Fiat, contratto Pomigliano in tutto il gruppo

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TORINO – La convocazione dovrebbe arrivare a giorni «anche perché – confessava nei giorni scorsi un sindacalista – bisogna cominciare a preparare le buste paga di gennaio». Dal nuovo anno infatti la Fiat intende estendere il controverso contratto di Pomigliano a tutto il gruppo Fiat. Una rivoluzione copernicana, banco di prova impegnativo per il nuovo governo e per il nuovo ministro del welfare, la torinese Elsa Fornero. All’esecutivo Monti Sergio Marchionne ha indirizzato ieri un importante apprezzamento: «Monti? La scelta migliore che si potesse fare». L’ad parlava a Toledo in Ohio, la fabbrica delle Jeep dove Chrysler investirà  1,7 miliardi di dollari creando 1.100 posti di lavoro. Marchionne ha voluto lanciare anche un altro messaggio: «La stabilità  della politica resta fattore chiave per la scelta della sede. Non nego di aver pensato ad altri Paesi per le attività  Fiat-Chrysler – ha detto al Detroit news – ma ho fiducia che i cambiamenti di oggi, a livello politico italiano, ci facciano fare dei passi avanti».
La rivoluzione copernicana del nuovo contratto Fiat in Italia potrebbe essere, nelle intenzioni di Marchionne, uno di quei passi. Oggi il testo, firmato da tutti i sindacati tranne la Fiom, si applica solo nei luoghi di lavoro dove è stato approvato con un referendum tra i lavoratori: oltre alla fabbrica campana, anche alle Carrozzerie di Mirafiori e alla ex Bertone di Grugliasco. In tutto 11 mila lavoratori. Dal primo gennaio saranno circa 70 mila, sparsi in 180 diversi luoghi di lavoro. Queste infatti sono le dimensioni del gruppo Fiat in Italia. All’incontro in cui la Fiat comunicherà  la sua intenzione, facendo dunque uscire i 70 mila dipendenti dal contratto nazionale dei metalmeccanici, è stata invitata anche la Fiom. Uno dei nodi è quello del diritto di attività  sindacale in fabbrica concesso solo ai sindacati firmatari degli accordi e dunque non ai metalmeccanici della Cgil. Questo significa che dal primo gennaio la Fiom non avrà  rappresentanti nei consigli di fabbrica e che l’azienda non provvederà  a trattenere la quota della tessera sindacale nelle buste paga dei lavoratori. Per questa ragione in un anno la Cgil rischierà  di perdere un milione e mezzo, una cifra significativa nel bilancio del sindacato di Susanna Camusso. L’alternativa è quella di raccogliere mese per mese sui luoghi di lavoro le quote di iscrizione al sindacato. «Sarebbe davvero singolare – osserva per la Fiom Giorgio Airaudo – che la Cgil non avesse diritto di rappresentanza nella più grande azienda privata italiana. Una realtà  difficile da accettare per un governo che punta alla coesione nazionale».
Certo lo scoglio Fiat è reso più drammatico dalle difficoltà  che il gruppo di Torino incontra sul mercato. Ieri sono stati diffusi i dati delle vendite in Europa. Rispetto all’ottobre 2010 il gruppo ha perso il 10,2 per cento fermando la quota al 6,6 per cento contro il 7,2 dello scorso anno. «Il 2011 è stato difficile – ha detto Marchionne – ma il 2012 sarà  più duro».
Nel pomeriggio di ieri si sono svolte due importanti trattative sul futuro di altrettanti stabilimenti Fiat. Al ministero dello Sviluppo la riunione sul passaggio dello stabilimento di Termini Imerese alla Dr di Massimo Di Risio è stata aggiornata a lunedì perché la Fiat ha garantito incentivi verso la mobilità  solo a 500 dei 700 dipendenti che secondo i sindacati ne avrebbero diritto. Superato invece lo scoglio alla ex Bertone di Grugliasco dove il Lingotto ha garantito l’investimento.


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