by Sergio Segio | 22 Novembre 2011 7:09
TORINO – Con una lettera inviata a tutte le organizzazioni sindacali, la Fiat ha comunicato ieri che dal primo gennaio non avranno più efficacia «tutti i contratti applicati nel gruppo» e «tutti gli altri contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali vigenti, compresi quelli che comprendono una clausola di rinnovo alla scadenza, nonché da ogni altro impegno derivante da prassi collettive in atto». Una tabula rasa, logica conseguenza della scelta del Lingotto di uscire da Confindustria per poter applicare in tutti i suoi stabilimenti il contratto separato firmato a Pomigliano con Fim, Uilm, Fismic e Ugl. Un atto che comunque è subito stato giudicato negativamente anche da una parte dei sindacati del sì: «Quello della Fiat è un atto grave e provocatorio – ha detto il segretario della Uilm, Rocco Palombella – e per questo chiediamo una data per aprire un immediato tavolo di confronto. La forzatura di Marchionne è notevole ma reagiremo in modo sindacale».
Che cosa accadrà dal 1 gennaio? I 70 mila dipendenti italiani del gruppo Fiat non avranno più il contratto nazionale dei metalmeccanici né il contratto integrativo Fiat ma un contratto nazionale dei dipendenti Fiat che ricalca quelli contestati di Pomigliano e Mirafiori. Diminuiranno così i tempi di pausa per chi lavora in linea, saranno pagati i giorni di malattia solo quando i tassi di assenteismo saranno al di sotto di una certa soglia, non si potrà scioperare contestando norme contenuti negli accordi. Infine i rappresentanti sindacali in fabbrica non saranno eletti dai dipendenti ma nominati dalle sigle sindacali.
La lettera di ieri riguardava i lavoratori di Fiat Group Automobiles ma presto ne arriveranno di analoghe per i dipendenti di Ferrari e Maserati e per quelli di Fiat Industrial. «Il vero rischio – osserva Roberto Di Maulo, leader del Fismic – è che entro la fine dell’anno non si riesca a scrivere un contratto uguale per tutto il gruppo Fiat e che dunque dal primo gennaio l’azienda si senta autorizzata a sostituire i contratti con un semplice regolamento interno». Per la Fim la strada è quella di «una trattativa che porti a un contratto Fiat specifico per ogni realtà di settore». Nei giorni scorsi Fim e Uilm avevano proposto un contratto-ponte di un anno facendo valere ancora il vecchio contratto nazionale dei metalmeccanici separato del 2009. Ma la mossa di ieri della Fiat sembra andare in una direzione diversa. In ogni caso è la stessa lettera della Fiat a ipotizzare con i sindacati «incontri finalizzati a valutare le conseguenze del recesso ed eventualmente alla predisposizione di nuove intese collettive con l’obiettivo di assicurare trattamenti individuali analoghi o migliorativi».
La decisione del Lingotto è stata giudicata negativamente dalla Fiom e dalla Cgil così come da gran parte dello schieramento politico, da Casini al Pd, a Vendola fino a Rifondazione. In ogni caso, secondo il giuslavorista consulente della Fiom, Piergiovanni Alleva, «la disdetta unilaterale di un accordo non è sufficiente per non applicarlo più. Quell’accordo resta in vigore fino a un nuovo accordo, perché la vale la clausola di ultrattività » prevista dalla legge.
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