Falck fa rotta sulla Gran Bretagna “Da noi impossibile investire nell’eolico”

by Sergio Segio | 8 Novembre 2011 7:23

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MILANO – Via dalla pazza Italia. Che prima concede incentivi tra i più alti del mondo e poi li riduce senza preavviso, come è successo nel fotovoltiaco. Oppure, come sta accadendo per l’eolico, addirittura li sospende e li congela per oltre un anno, gettando il settore nell’incertezza. E costringendo, di fatto, le banche a chiudere i rubinetti.
Conseguenze? Chi può, se ne va all’estero. Come era inevitabile aspettarsi. Lo ha fatto, tra i primi, il gruppo Falck. La famiglia discendente degli industriali dell’acciaio ha ora una società  attiva nelle rinnovabili, quotata a Piazza Affari. Dopo aver suddiviso i suoi investimenti tra Italia e resto dell’Europa, ora punta direttamente la prua verso l’Europa. Come dimostrano – ed è questa la novità  – i suoi ultimi progetti, tutti domiciliati in Gran Bretagna. Sono ben tre interventi. Il primo a Kilbraur, in Scozia, dove ha appena messo in esercizio altri 20 megawatt che ora arriverà  a produrre 200 gigawatt all’anno. Sempre in Scozia, nella regione del Lanarkshire, ha avviato i lavori per un nuovo parco eolico da 18 megawatt. E, infine, Falck è sbarcata per la prima volta in Inghilterra, dove ha ottenuto l’autorizzazione per altri 15 megawatt.
Del resto, l’ad di Falck Renewables Piero Manzoni lo aveva anticipato in Sardegna giusto un mese fa, all’inaugurazione dell’ultimo impianto realizzato in Italia: «Noi investiamo all’estero, tutti gli investimenti che avevamo in programma in Italia sono fermi, le banche non ci danno il project financing». Per poi aggiungere: «In Emilia Romagna avevamo l’intenzione di realizzare un parco eolico, ma l’abbiamo fermato perché non sappiamo quale sarà  il regime di incentivazione. Mentre in Inghilterra il regime di incentivazione è certo fino al 2017».
Una situazione comune a tutte le aziende del settore. «Ad oggi – spiega l’avvocato Lorenzo Parola, responsabile del settore energy di Dewey&Leboeuf – un investitore non ha la possibilità  di riempire nemmeno la prima riga del modello finanziario, perché non sapendo quanto valgono gli incentivi non conosce i suoi ricavi. E tutti i progetti di sviluppo sono bloccati». Oppure, prendono la strada dell’estero.

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