Euro e titoli, che cosa succede se lo Stato fa crac
Per fare default basta «poco». E’ sufficiente che uno Stato posticipi le scadenze del proprio debito, pur onorandolo (più tardi) tutto. Questo, per gli analisti finanziari, è già un default, perché l’emittente non rispetta gli impegni presi con i creditori. Non è necessario quindi arrivare a ripudiare per sempre tutto o parte del proprio debito.
E, soprattutto, i default non sono così rari come potrebbe sembrare a prima vista. Dall’inizio dell’800 a oggi, infatti, si contano più di cento crac di debiti sovrani in tutto il mondo. Anche nel rigorosissimo mondo di lingua tedesca. E’ successo quando si è persa una guerra, come ha fatto l’Austria nel 1868 dopo il conflitto del 1866 con la Prussia (che è poi anche la nostra terza guerra di indipendenza). E’ accaduto con i cambi di regime, come la salita al potere dei comunisti in Russia nel 1917 e in Cina nel 1949 e con il ripudio dei governi e dei sistemi preesistenti. Ma non è successo — ricorda lo storico dell’economia Gianni Toniolo — nell’Italia nel 1861: il nuovo Regno d’Italia ha assunto puntualmente tutti i debiti degli Stati che mano a mano erano stati annessi.
Più recenti sono i casi di Russia e Argentina, con il rimborso solo parziale di titoli emessi da Mosca e Buenos Aires e venduti all’estero. Ma più vicini nel tempo sono anche gli esempi di Paesi ad alto rapporto debito/Pil tranquillamente sopravvissuti senza dover fare neanche un passo nel mondo del default. Come gli Stati Uniti che, dopo le ingenti spese militari della seconda guerra mondiale, hanno dato il via a un lungo e sostenuto periodo di crescita economica.
E adesso? Cosa potrà succedere dopo il caso greco? Se l’Italia o qualsiasi altro Stato di Eurolandia scegliesse oggi di non onorare gli impegni con i creditori — cosa naturalmente ancora da venire, se mai succederà —, il default potrebbe manifestarsi in diversi modi. Nelle gradazioni più «soft», vale a dire una «semplice» dilazione delle scadenze, ci si dovrebbe aspettare che lo Stato in questioni continui a pagare gli interessi anche nei nuovi anni di durata del debito. C’è poi un livello «medio», con il debito pubblico che viene addirittura rimborsato solo in parte — un po’ come prevedono i piani per la Grecia — ma con l’accordo sottoscritto dai creditori. Insomma, un default sostanziale ma ordinato. E poi c’è il cosiddetto crac a tutti gli effetti, con un bel taglio (gli esperti lo chiamano «haircut») al valore del bond, non accettato da chi quel titolo l’ha comprato e lo conserva in portafoglio. Una doccia fredda, quindi, tanto per i creditori quanto per tutta l’economia, visto che gli effetti a cascata potrebbero replicare quello che è successo tre anni fa — a livello bancario — con il crac di Lehman Brothers. Ma, se davvero «errare humanum est, perseverare diabolicum», è difficile che oggi si arrivi a quest’ultimo scenario.
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