Economia, Monti pensa all’interim e per il Welfare spunta Dell’Aringa
ROMA – Il vento dei tecnici spazza via i politici. E marginalizza e tiene lontano dal nuovo governo le risse intestine tra le correnti del Pdl. Nessuna riconferma, via pure Frattini dagli Esteri, ma aria nuova, personaggi di alto livello dell’economia (Bini Smaghi, Dell’Aringa), delle istituzioni (De Siervo e Mirabelli), delle gerarchie militari (Mosca Moschini). A questo puntano Napolitano e Monti, un esecutivo inappuntabile, che ricostruisca l’immagine dell’Italia e la “venda” al meglio sullo scenario europeo e internazionale. Questa è la logica. Questo porta in primo piano una manciata di nomi del tutto sottratti alle alchimie dei partiti – Pdl, Pd, Terzo polo – che pure in Parlamento reggeranno le sorti numeriche del nuovo governo.
Un flash per chi esce definitivamente di scena. Di Franco Frattini alla Farnesina s’è detto, al suo posto si ipotizza di mettere l’attuale segretario generale Giampiero Massolo. «Scatoloni pronti», come lui stesso annuncia, per Nitto Palma in via Arenula. Per la poltrona finita nel tritacarne delle leggi ad personam per responsabilità del Cavaliere, si lavora a una figura nettamente al di sopra di ogni sospetto. La soluzione caldeggiata è quella di un presidente della Corte costituzionale. Un nome gettonato è quello di Ugo De Siervo, che ha lasciato il palazzo antistante il Quirinale solo da pochi mesi. In alternativa c’è chi ipotizza un incarico per Cesare Mirabelli, ex della Consulta e anche del Csm. Crollano le chance anche per Raffaele Fitto, oggi agli Affari regionali, o per la new entry Maurizio Lupi, oggi numero due della Camera. In casa Pdl si tira quasi un sospiro di sollievo perché solo l’assenza di nomine garantisce uno stop alle faide incrociate e mette fine a uno scontro che rischia di mandare in pezzi tutto il partito.
E passiamo alle novità assolute, a quelle in parte già circolate ma che si stabilizzano, al difficile nodo dell’economia che vede il lizza più di un nome di prestigio. È una sorpresa quello di Antonio Catricalà , oggi presidente dell’Antitrust, come candidato alle Attività produttive. È inedita la soluzione, per il ministero della Difesa, di Rolando Mosca Moschini, oggi consigliere militare di Napolitano, ma anche ex comandante generale della Guardia di Finanza e soprattutto componente, per l’Italia, del comando militare dell’Unione europea. Nuova carta anche per il ministero del Welfare, dove perde peso la candidatura dell’attuale segretario della Cisl Raffaele Bonanni, per lasciare spazio a Carlo Dell’Aringa, noto economista della Cattolica. Si consolida il nome dell’oncologo Umberto Veronesi per la salute. Al Quirinale, per la Giornata per la ricerca sul cancro, a chi lo ha avvicinato e gli ha chiesto conferma dei pronostici, lui ha risposto così: «Non vedo, non sento, non parlo. Sono come la famosa scimmietta». Nessuna indiscrezione anche dalla radicale Emma Bonino che pure al Senato ha incontrato e salutato affettuosamente Monti. Potrebbe essere suo il ministero delle Politiche comunitarie visto che in Europa, giusto ai tempi di Monti, come commissaria aveva quell’incarico.
E siamo al dicastero di via XX settembre, quello di più difficile attribuzione. Per il secondo giorno consecutivo non viene smentito che il futuro premier Monti potrebbe tenere per sé l’interim. Per legare qualsiasi decisione, anche impopolare, al prestigio del suo nome. In alternativa c’è la carta di Lorenzo Bini Smaghi, reduce dalla rinuncia al board della Bce, quella di Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, e quella di Corrado Passera, amministratore delegato di Bancaintesa.
Restano in alto mare i nodi di più difficile soluzione, la vice presidenza e la poltrona di ministro dell’Interno. E qui si giocano le ultime carte di Gianni Letta, che però paiono ormai in scadenza, e di Giuliano Amato. Ma c’è chi, con una forte percentuale, li dà entrambi ormai fuori.
Related Articles
Bersani, ultimo tornante con le dimissioni
ROMA — Il viso è una maschera di gesso, le dita della mano sinistra ritmano il discorso strimpellando nervosamente sul panno verde dello scranno, come una tastiera muta. E quando l’ultima ovazione consegna alla storia d’Italia la riconferma di Giorgio Napolitano al Quirinale, Pier Luigi Bersani si volta e finalmente sorride, congiungendo il pollice e l’indice della mano destra: «Un pochino, solo un pochino meglio di Rodotà , eh ragazzi?» dice il segretario disarcionato ai peones della fila dietro.
Imu, rata più pesante per le seconde case
Molte città hanno scelto il 10,6 per mille. Oggi vertice per la revisione del prelievo sugli immobili
La sentenza d’Appello al processo per i diritti tv. La difesa: faremo ricorso