E l’Fmi va in cerca di mille miliardi per Spagna e Italia

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La stessa cacofonia che da due anni paralizza i vertici di Bruxelles, partorendo una soluzione inadeguata dopo l’altra, da ieri è migrata in Costa Azzurra. Nel Palais des Festival di Cannes gli «sherpa» delle venti grandi economie del pianeta hanno avviato di buon’ora, e proseguito nella notte, la disputa che i loro capi riprenderanno senz’altro quest’oggi.
Nato dopo il collasso del 2008, il G20 a questo punto avrebbe dovuto concentrarsi sull’architettura dell’economia globale nel ventunesimo secolo: la lotta alla fame nel mondo incidendo sul mercato dei future del grano, il ciclo di negoziati commerciali di Doha, il coordinamento nel mettere il guinzaglio alla grande finanza speculativa.
Ma per tutto questo, stanotte gli «sherpa» e da oggi i leader non avranno tempo. Le loro energie saranno in gran parte dedicate a un unico obiettivo che per ora li divide: come poter annunciare, alla fine del vertice, che il Fondo monetario internazionale disporrà  di almeno mille miliardi di dollari. Quella cifra, mille miliardi dell’Fmi pronti per i Paesi europei appesi a un filo — oggi, Italia e Spagna — è il nuovo totem attorno a cui i grandi del pianeta si eserciteranno. Le risorse dell’Fmi, guidato dalla francese Christine Lagarde, devono dunque uscire dal G20 di Cannes accresciute di centinaia di miliardi: l’attesa del mercato è già  così alta che un eventuale fallimento del G20 potrebbe causare un nuovo collasso dei prezzi.
Eppure l’avvio del negoziato ieri fra gli «sherpa» è risultato caotico e pieno di acrimonia. Il delegato americano ha sì detto che la sua amministrazione è disposta a contribuire a un aumento della dotazione: non era scontato, perché in precedenza Washington aveva dato segnali diversi. Ma lo «sherpa» Usa ha subito aggiunto che l’amministrazione di Barack Obama vuole prima vedere lo stesso impegno da parte dell’Europa. Su questa precondizione il delegato americano si è subito portato dietro il collega giapponese. Il brasiliano poi ha rincarato: la presidente Dilma Rousseff è pronta a mettere nuove risorse nell’Fmi solo se al suo governo sarà  concessa una quota più ampia e più diritti di voto nel board del Fondo stesso. Il delegato cinese invece ha taciuto, perché Pechino non negozia mai un sistema multilaterale davanti a troppi testimoni.
Alla fine i primi giri di tavolo a Cannes hanno partorito un nulla di fatto, ma l’obiettivo resta sul tavolo. Vi resta a tal punto che oggi i leader di Francia e Germania Nicolas Sarkozy e Angela Merkel vedranno nel pre-vertice Silvio Berlusconi e lo spagnolo José Luis Zapatero per parlare proprio di un possibile aiuto dell’Fmi. Perché vista dai corridoi dell’organismo di Washington, la situazione è diversa da come appare a Roma: tutti ai piani alti dell’Fmi aspettano la chiamata del governo italiano con la richiesta di attivare un piano di salvataggio. I vertici del Fondo stanno già  preparando i piani che ritengono più idonei, primo fra tutti David Lipton: ex assistente speciale di Obama, da poco Lipton è il numero due di Lagarde, con poteri inusualmente estesi.
L’intervento sembra ancora più urgente, perché per molti sul mercato il sistema del fondo salvataggi europeo ha fallito. Le assicurazioni al 20-25% sulle perdite saranno pronte solo tra tre settimane, ma la gran parte degli investitori le ritengono insufficienti per coprirsi dal rischio Italia. Con l’Europa ormai senza credibilità , l’Fmi è pronto a mettersi al lavoro. Il suo obiettivo ora è salvare Roma e, con il suo vasto debito, l’intero sistema finanziario internazionale.


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