by Sergio Segio | 5 Novembre 2011 8:15
CANNES – I Paesi con eccedenze commerciali e conti pubblici in regola devono stimolare la loro domanda interna per sostenere la crescita mondiale: è il punto chiave del documento finale di un G20 dominato dalla crisi dell’eurozona e quindi poco attento ai problemi dei paesi poveri, come hanno lamentato molte Ong. Ma queste ultime possono essere parzialmente contente sul passo avanti registrato per la tassa sulle transazioni finanziarie: i paesi dell’Unione europea, ha detto Nicolas Sarkozy, potrebbero introdurla già dal 2012. E il suo gettito, secondo il presidente francese, dovrebbe andare a finanziare i piani di sviluppo dei Paesi più poveri. Dal canto suo, L’Fmi studia il modo «per adottare – così ha detto il suo presidente Christine Lagarde – una nuova linea di credito precauzionale e di liquidità destinata ai Paesi con fondamentali solidi che affrontano shock sistemici». Sembra l’identikit dell’Italia.
Ieri a Cannes la crisi dell’euro ha spinto i capi di Stato e di governo del G20 a caldeggiare risposte flessibili. Nessuna ricetta valida per tutti, per chi crolla sotto i deficit e chi invece gode di eccedenti. I primi si sono impegnati a mettere in atto «misure chiare, credibili e mirate» e il G20 ha «salutato» quelle prese dagli europei per risolvere il caso greco. Tutti si sono sentiti rassicurati dalla rinuncia al referendum, ma restava ieri sera, dopo la conclusione del vertice, una certa ansia per il voto di fiducia atteso nella notte ad Atene.
La parte più significativa del documento finale riguarda però altri due Paesi, la Germania e la Cina. Non sono esplicitamente citati, ma a loro si rivolge il testo finale: «In funzione della loro situazione nazionale, i Paesi le cui finanze pubbliche restano solide s’impegnano a lasciar funzionare i meccanismi di stabilizzazione automatici e a prendere misure discrezionali per sostenere la domanda interna, se la situazione economica dovesse fortemente aggravarsi. I Paesi con eccedenze correnti importanti s’impegnano a mettere in opera riforme destinate ad accrescere la domanda interna, associate a una più grande flessibilità dei tassi di cambio». à‰ tutto quel che ha concesso Hu Jintao agli occidentali. Non è molto, ma è già qualcosa rispetto al passato, quando Pechino rifiutava qualsiasi richiesta occidentale in questo campo. E il gesto cinese è stato sottolineato da Barack Obama: finora, gli Usa avevano puntato il dito contro la sottovalutazione dello yuan senza successo.
L’altro grande tema è la timida apertura sui finanziamenti innovativi per i Paesi in via di sviluppo. Il comunicato dà via libera a chi vuole ispirarsi alla Tobin Tax: «Riconosciamo le iniziative prese in certi paesi per tassare il settore finanziario a fini diversi, fra cui una tassa sulle transazioni finanziarie per sostenere lo sviluppo». Secondo Sarkozy, oltre a Francia e Germania, sono d’accordo con la tassa la Commissione europea, l’Unione africana, il Sudafrica, l’Argentina, l’Onu, mentre il Brasile è «interessato». Il presidente francese ha parlato di una messa in opera nei paesi dell’Unione europea già dall’anno prossimo: «Gli attori finanziari, che ci hanno portato a questa crisi, saranno spinti a contribuire finanziariamente alla riparazione dei danni che hanno provocato». Le Ong speravano probabilmente di più, ma cinque Paesi (Cina, Russia, Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna) erano all’inizio contrari a qualsiasi citazione della tassa nel comunicato finale.
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