Dove sta la forza

by Sergio Segio | 20 Novembre 2011 17:29

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Gli studenti nostrani che protestavano contro le banche sono arrivati fino in Corso Italia, a poche centinaia di metri dalla Bocconi, la meta finale della loro manifestazione. Eppure nonostante le mie assidue e prolungate frequentazioni dell’ateneo (ieri sera ho rischiato di rimanervi chiuso dentro), vi assicuro che non mi è mai capitato di incontrare nei corridoi emissari di Goldman Sachs o di altre centrali finanziarie internazionali intenti a tessere la loro ragnatela. A tarda sera si vedono solo assistant professors e studenti di dottorato dall’aria stralunata perchè magari non riescono in una dimostrazione. Entrando nelle aule seminari, non ho mai avuto l’impressione di interrompere delle cospirazioni; semmai ho potuto assistere a un fuoco amico di critiche feroci a qualche ricercatore che non era riuscito a convincere i colleghi che aveva davanti. Le sale del nuovo edificio hanno molta luce. Eppure chi assimila Gordon Gekko alla Bocconi mi fa venire in mente un vecchio proverbio cinese: “È molto difficile vedere un gatto nero in una camera buia; soprattutto quando il gatto non c’è”.

Il vero potere forte della Bocconi risiede nel fatto che uno spezzone importante della classe dirigente sente un debito intellettuale verso l’università . Purtroppo il fundraising fra questi ex alunni è in crescita, ma ancora molto al di sotto di quello degli altri atenei nel mondo. Tra i docenti della Bocconi si trovano anche gli editorialisti delle maggiori testate italiane, da Alesina (part time in Bocconi) a Giavazzi, da Perotti a Tabellini, un gruppo con opinioni spesso molto distanti tra di loro, di cui anch’io penso di far parte.

Non dovremmo essere molto influenti dato che nessuna delle proposte da noi formulate su queste testate, mi risulta che sia stata mai attuata.

La vera forza della Bocconi sono i suoi 13.000 studenti, sempre più internazionali perché nel 15 per cento dei casi provengono da paesi sparsi per il mondo e perchè durante il corso di studio vengono accettati per stage o programmi post laurea nelle migliori università  del mondo. La reputazione internazionale dell’università  è in gran parte legata alla performance di questi studenti nelle loro esperienze oltre confine durante e dopo il corso di studio (uno su 5 trova lavoro all’estero).

Sono proprio gli studenti, assieme al personale amministrativo, a tenere insieme la baracca. Tre quarti delle entrate della Bocconi è rappresentata dalle tasse di iscrizione. Sono alte, ma vengono applicate con maggiore progressività  che le tasse sul reddito degli italiani, anche perché vengono concesse 2000 borse di studio, 1500 prestiti di studio e 1500 posti alloggi a studenti bisognosi di aiuto. I lavoratori autonomi vengono collocati automaticamente nella fascia più alta. Se vogliono pagare di meno perchè hanno redditi più bassi, spetta loro l’onere della prova.

Per molti anni la Bocconi ha avuto un corpo docente quasi interamente italiano. Ora si sta internazionalizzando: quattro nuovi incarichi su cinque sono stati affidati negli ultimi anni a docenti stranieri, strappati alle migliori università  europee e a qualche università  americana di medio livello. Il vertice dell’Ateneo – il Comitato esecutivo, oggi composto oltre che da Monti, dal rettore Tabellini, il vicepresidente Guatri, il consigliere delegato Pavesi e Antonio Borges (già  rettore Insead) – ha il merito di avere molto sostenuto l’internazionalizzazione dell’università . Ma poi tutto cammina sulle gambe dei docenti e degli studenti che affollano l’Università  anche in questi nebbiosi weekend milanesi. Sono questi ultimi i veri poteri forti: di talento e determinazione.

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